Il Sintomo è Salute
Il Sintomo è Salute
Il nostro sistema nervoso centrale lo possiamo rappresentare come un insieme di apparati sincroni, determinanti in assoluto la nostra vita, la nostra funzionalità organica e il funzionamento della fabbrica della nostra mente e dei nostri pensieri.
Tra mente e corpo esiste una profonda e perfetta sinergia una sincronicità e linearità, che è inopportuno e scientifico non considerarli mai scissi, a se stanti e divisi; dovremmo evitare e smetterla di pensarli, all’ interno della cultura medica, come fratturati e in una loro dualità.
Questa errata visione della dualità, determina non pochi problemi di natura scientifica, essa depista, crea notevoli fraintesi e problemi in termini di definizioni sintomatiche e diagnostiche. La comunità scientifica ha il compito e il dovere di considerare la persona nella sua interezza, non a segmenti. Un medico non puó prescindere dall’ umanità di ogni soggetto, come uno psicoterapeuta non può omettere la sua organicità. Se alle volte la distinzione si rende necessaria, è solo per definire fenomeni differenti, che vanno riportati però sempre nel suo insieme.
Nella realtà il corpo è la mente e la mente è lo stesso identico corpo, la mente è la mente del corpo, ed il corpo è il corpo della mente; non può esistere la mente senza i suoi neuroni, così come non può esistere un corpo senza la sua anima, tutto sarebbe un feretro, materia inerte; nello stesso modo non esiste il sesso, il polmone,
il cuore il cervello, ma esiste esclusivamente l’ entità Uomo e non sono gli organi che definiscono l’ uomo, ma è quest’ultimo è costituito da essi nello stesso modo in cui non è il carburatore che definisce un’ auto, ma è l’ auto che da senso all’ esistenza di esso.
Gran parte dei sintomi e dei disturbi mentali indicati nel DSM 5, trovano prevalentemente la loro origine e la loro sede, all’ interno dei conflitti e dei traumi subiti nelle relazioni umane, si replicano e persistono all’ interno della memoria che conserviamo, nello stesso modo in cui ogni cellula del nostro corpo memorizza la storia traumatica o serena che abbiamo.
Desideriamo parlare della mente, nello stesso modo in cui parliamo della corporeità, delle cellule e degli organi. Pertanto ogni conflitto emotivo o mal funzionamento cellulare, appartengono necessariamente ad una stessa integrità.
La memoria è il contenitore dei nostri sintomi, dei traumi e dei nostri piaceri; in particolare, la memoria del passato rende il presente e la la percezione del futuro, piacevole o frustante; ogni presente viene filtrato attraverso la griglia della memoria, si pone come un filtro che distorce la nuova realtà in un qualcosa di già accaduto.
Vivere un presente soddisfacente, è una necessità perché tutto diventa memoria. La memoria funge da deposito, da cassa panca in soffitta, da sotto cantina e nostro sotto bosco. Noi siamo la prima casa con i suoi depositi e riserve. Con la nostra memoria siamo in grado di rivedere, tutta l’ ‘attualità , come antico e già vissuto, pur non avendolo mai visto prima. La memoria, in tal senso, è una grande trappola.
Prevalentemente ragioniamo attraverso preconcetti e visioni critiche ed antiche della nostra vita, anche lì dove si presentano situazioni innovative, siamo in grado di rovinare ogni opportunità che abbia un certo fascino, ricca di risorse. Hanno grande responsabilità, gli stereotipi, le convenzioni, i moralismi con i relativi fanatismi, i “valori”, i dogmi e le convinzioni, essi non ci permettono l’ emancipazione, di poter apprezzare le novità e il bello nella vita, considerata pericolosa, spiacevole perché assimilata al passato o corrotta dalle visioni altrui.
Ogni disfunzione o sintomo, ha per sua natura un enorme potenziale di vitalità, anche se la percezione è esattamente contraria, di fastidio, il sintomo è la ribellione ed un cattivo funzionamento, ad un corpo estraneo, ad un fuori misura, al caos, è un sos per un pericolo impellente. Il sintomo è così talmente vitale, che senza di esso non sarebbe possibile continuare a vivere, rappresenta una richiesta di aiuto e di intervento a vantaggio della salute e della vita.
Qualsiasi sintomo è enormemente vitale, si presenta come un sistema d’ allarme, una ribellione contro un tentativo di disorganizzazione, di malattia o di morte, e si manifesta attraverso un fastidio un disturbo attraverso il dolore. I sintomi evidenziano la necessità dell’ organismo di riportare l’ armonia.
Il Disturbo e il dolore rappresentano i nostri commensali fastidiosi ed odiosi, ma anche i nostri più cari amici, nel caso non fossimo ipocondriaci, essi ottemperano alla nostra salute, senza di essi, non potremmo venire a capo di una malattia, sono le spie sul cruscotto della complessa macchina umana, senza i quali verremmo condannati ad un black out, ad un crash, ad una strada senza ritorno.
Originariamente il sintomo nella sua insorgenza, può possedere una variegata sensibilità che va dal prurito al bruciore, fino al dolore, da un disturbo passeggero ad un disturbo medio, acuto, cronico ad alto potenziale dolorifico ingestibile, da richiedere l’ utilizzo di anti dolorifici particolari come la morfina.
Per quanto il sintomo possa essere considerato un demone malefico, per la sua insorgenza e manifestazione, rappresenta invece la più elevata forma di pulsione verso la vita che rivendica il diritto ad una decente esistenza. Il sintomo è vitale e serve a difende il nostro desiderio di esistere.
Ognuno di noi possiede un regolatore centrale, detta soglia di sopportabilità del dolore. Essa viene prodotto dalla presenza di un potenziale tensivo, che va dalla semplice ipo sensibilità, fino a livelli più intensi insopportabili di dolore in caso di patologia grave. Ognuno di noi ha un livello più o meno di tolleranza al dolore. Solitamente nelle donne è più elevato che negli uomini.
Tra dolore mentale e fisiologico non esiste l’ uno più importante dell’ altro, se il disturbo è fisiologico, inevitabilmente la mente urla la propria liberazione, se il conflitto emotivo diviene persistente, i valori psicodiagnostici, vengono rilevati in cartella clinica e sballano le frequenze biologiche.
Pertanto non esiste un sintomo o una malattia dell’ organo ed una mentale, i sintomi parlano di noi, della nostra interezza e globalità, parlano di certe eventuali cause di attacco contro di noi. Il sintomo va ascoltato, non sottovalutato, perché è il nostro salva vita.
giorgio burdi
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SIGNIFICATI
Questo argomento, pone molte domande sull’ universo del senso della vita, su quale senso si orientando i nostri istanti, le nostre giornate, l’ esistenza. Attraverso queste righe, non vogliamo avere la presunzione di orientare verso dei significati, ma indicare che il senso o il non senso che diamo, ha un impatto notevole sulla nostra qualità di vita.
Ci domandiamo che senso ha, essere presi da un’ altro, o essere innamorati, la noia, ,essere vispi ed accelerati, allegri, spenti, gioiosi, affranti, indifferenti, come mai ci accerchiamo senza desiderarci o ci circondiamo di presenze nulle o assicuriamo e ci garantiamo alla solitudine. Tutte queste modalità hanno sempre un punto di lancio, un intenso involontario significato motivazionale. Volere o nolere, tutto ha un significato, o siamo continuamente orientati nel cercarne sempre uno.
Una vita senza significati, non lascia speranze e nemmeno trasparire la vita stessa, essa viene percepita come, un non senso, non avere un percorso ed un progetto, una mancata missione. Il senso della vita, è voler comprendere quale è la propria missione, non quale è il nostro lavoro, ma quale è il più profondo piacere di esistere. La vita è una chiamata a lasciare un segno, lasciare un modo che aiuti a vivere meglio e bene in questo tragitto. Questo può accadere, attraverso una attenta ricerca introspettiva, interrogando il proprio numero uno, i propri talenti e la propria attitudine, si dispiega una strada maestra. La scoperta della propria attitudine genera slancio, serenità e sorriso, lascia trasparire la solarità, testimone di quanto sia davvero bello ed entusiasmante esistere.
L’ esperienza quotidiana ci pone sempre in un processo di cambiamento continuo pianificato o accidentale, lasciando cambiare i nostri significati, gli obiettivi, con le circostanze diveniamo normalmente incoerenti, perché cambiano i nostri punti di vista e le riflessioni, le prospettive e gli angoli del bel vedere, cambiano i modi di percepire, si trasformano le modalità di scelta e di azione.
Un tramonto, un filo d’ erba, un panorama, potremmo osservarlo dall’ alto o dal basso, di striscio, di sbieco, storto, sotto sopra, di lato, in una piroetta, a stretto giro, da vicino, a contatto, in lontananza o a giro giro tondo, comunque sia, se osservassimo in questo modo, riceveremmo migliaia di informazioni tutti differenti nell’ osservazione di un solo punto di veduta, avremmo migliaia di dati , di dettagli delle situazioni, vedere una realtà da pluri prospettive darebbe una realtà accresciuta, un allargamento dei suoi significati.
Quando non troviamo la via, è solo perché osserviamo poco, ci ostiniamo nell’ unico senso obbligato, nel verso delle nostre abitudini strutturate. Le abitudini si comportano come delle ossessioni, delle griglie a maglie strette di lettura che filtrano tutte le più grosse informazioni utili, le griglie ci permettono di guardare solo ciò che vogliamo vedere, e non ci permettono di emancipare. Guardare dai diversi punti di veduta, allarga le maglie, illumina L’ esperienza e pertanto le soluzioni. La griglia di lettura della realtà, è davvero il vero problema.
La realtà è infinita, è tanto di più ricca e profonda rispetto a quella che normalmente consideriamo, guardare in questo modo la realtà significa guardarla in profondità ed in prospettiva.
Una buona prospettiva risolutiva è considerarci prigionieri dei filtri, essi sono onnipresenti, li possediamo tutti e sono tanti. Chi sta male, deve ammettere a se stesso, che è imbrigliato in essi e deve darsi la necessità di guardare oltre il proprio limite. Questa è la peculiarità fondamentale dell’ analisi o della psicoterapia, ancora più di quella gruppo analitica, guardare oltre i propri schemi, per liberare se stesso.
Ogni situazione possiede carati di notizie e di significati, a volte incontenibili, da quelli più disparati a quelli disperati, o scontati, ma sembriamo non esser pronti a tanta bontà, ci sconcerta. Il più delle volte ci comportiamo come se la vita non fosse la nostra, ne prendiamo le distanze, diveniamo pubblico di noi stessi fin tanto che non prendiamo un palo, una sbandata o un fuori strada.
Di fronte all’ eventualità di una realtà schietta che si sbatte in faccia i fatti, ci comportiamo da distratti ed impacciati. Siamo imbarazzati e timidi, di fronte a tante informazioni, sgomenti, diveniamo increduli, accesi sostenitori negazionisti della realtà, neghiamo l’ evidenza, ci negandoci l’ esistenza di determinati tesori.
Chiediamo tanto agli altri, ma molto poco a noi stessi. Ci meravigliamo di quell’ amico che dopo anni ha cambiato atteggiamenti, che ci ha voltato le spalle, freddo e si è allontanato. Durante gli incontri con lui, molto probabilmente abbiamo solo filtrato poche informazioni sul suo conto, le informazioni migliori, quelle vere, le abbiamo perdute e il vero, non è semplicemente qualcosa, è il tutto, esso risiede innanzitutto sul pianeta dell’ indicibile nel quale risiede il significato fondamentale delle relazioni.
Magari ci comportiamo come se non volessimo sapere in più, per sola forma di pudore difensivo o per auto protezione, nascondiamo tanto e facciamo finta di nulla. Ma quando decidiamo di vedere e dire, il sonno veglia finisce, ci svegliamo o con un problema che brama risposte, veniamo svegliati dalle capocciate di una forte delusione, inizia in quell’ istante, una seconda vita, la chiamata a parlarne e a dare una svolta.
Pensa ad una situazione in particolare, fissa quel punto e chiediti, è solo questo ? Cosa altro c’è ? Cosa non voglio vedere ? Cosa mi sconcerta ? Cosa mi da gioia o tutto da temere ? Cosa sto combinando? Cosa sto scartando ? Perche non voglio scegliere,? Perché procrastino ? È lecito avere dubbi, ma è suggeribile imparare a vedere sempre e comunque a qualsiasi condizione, costi quel che costi ? È molto faticoso fare così, ma è rivoluzionario e molto risolutivo.
Non distrarti da ciò che sfuggi, sbriglia l’ attenzione, da voce da cui vorresti distoglierla. Fissa negli occhi il tuo turbamento o ciò che è doloroso o meraviglioso, anche se la soluzione non è immediatamente attuabile o velocemente risolvibile, vivi tutta la sua intensità, la troverai più leggera. Concediti ogni istante per quello che è, tutto è fondamentale, fa parte della tua vita, ascolta il tuo numero uno, ti parla ininterrottamente, vedi, non temere, agiscilo.
Se solo riuscissimo a guardare in faccia tutto ciò che nascondiamo, il sommerso, l’ occultato, lo strapiombo, l’ indicibile, sarebbe più accelerata la selezione, la pianificazione, si spianerebbe la risoluzione, la serenità, magari la felicità. Quando non guardiamo, seppelliamo il benessere, posticipiamo la vitalità, l’ impossibile ritarda, se lasciamo accadere, defluire i ruscelli, avremmo a valle cascate di energia, risparmieremmo in tempi di inutile sofferenza.
Quanto interminabile potremmo esprimere, sentire, ma ci raccontiamo in bisbìgli mentali, raccogliamo e ci accontentiamo di briciole, piegàti in due a fissarci su un dispiacere, su una delusione o una favola felice, ci soffermiamo alla scorza, ma una pesca la mordiamo per la sua polpa. Osare è vibrare. Non temere l’ emozione di ogni istante, ciò che è vivo è lî dentro, se ti chiudi, riabiliti l’ ansia, i sintomi sono il sacrificio di tutte le verità. Ogni pensiero possiede una parte sopra, un cognome, ed una parte dentro, il tuo nome, si chiama INDICIBILE. Tra i due, quale è la parte più autentica, ciò che appare o l’ invisibile? Decidi, autorizzati nel guardare più da vicino ciò che non si dice, a malapena si pensa, ciò che è nascosto, custodito nei tuoi fondali, ove si nascondono relitti, tesori e porpori coralli.
Nei nostri sotterranei sono presenti le nostre origini primordiali dei quali la nostra memoria interpellabile ne è depositaria. Ma il nucleo centrale della nostra intima riservatezza , dei nostri segreti, risiede sempre nell’ indicibile. Si può avere il coraggio di sfoderarlo, di vederlo, di chiedere e ridomandare .
Il nostro percepito lo sa, ha intuito, è arrivato, dagli ascolto e decidi ammetterlo, di chiarire, di giocare a carte scoperte. È necessario essere seri con se stessi, piantarla di nascondersi, fare un percorso per autentificarci con se stessi e per relazioni più significative.
Siamo reduci e profughi di costrutti post bellici. La ricerca scientifica per potersi emancipate e progredire, prevede l’ abbandono momentaneo di teorie precedenti. Si deve arrivare nudi, spogli di substrati predecessori, perdi tempo, per aprirsi a nuove scoperte.
Il senso delle cose, lo sacrifichiamo con gli stereotipi , i pregiudizi, i tabù e in luoghi comuni, abbiamo necessità di acque pulite che risciacquino e stimolino nuovi slanci di vita; senza stimoli c’è noia e bisogno di solitudine, di persone trasparenti, affini, intraprendenti, e se connesse alla vita, connesse a a noi da un sottile filo d’oro.
I significati sono doti non ereditabili, il vero valore è solo l’ uomo, col suo ascolto, il suo rispetto, il suo piacere, col metterci la faccia per difenderlo, col togliervi la maschera per riportarlo alla sua natura è dignità.
I significati vengono dati dalla verità, dal coraggio che abbiamo di poter essere sempre diversi, senza sentirsi umiliati, dalla parola che permette di non nascondersi mai . I significati, sono nelle passioni, che ci fanno stupire del niente e dell’ invisibile e fanno di ogni istante un film, un blasone, un dipinto, un’ icona di mille riflessioni dei tanti punti di vista. I significati sono lì dove esistono anime affini che si incontrano come quando ci si guarda in uno specchio.
giorgio burdi
ContinuaL’uomo è più potente del suo dolore e della morte
Che senso ha la sofferenza
L’uomo è più potente del dolore e della morte
Ogni volta che ci troviamo di fronte ad un qualsiasi dolore, veniamo chiamati a rinnovarci, attraverso la sua presenza, possiamo comprendere forzatamente o piacevolmente, che si sta prospettando la necessità di una nuova nascita.
Non siamo nati per soffrire, ma quando il dolore è presente, invita ad una evoluzione verso L’ equilibrio e la serenità, direziona verso un aiuto, una presenza super partes, verso una voce che ci accompagni mano nella mano.
Il dolore mentale o fisico si presenta come un parto verso un nuovo adattamento. È l’adattamento verso la nuova prospettiva che si impone, che strugge l’anima.
La sofferenza denota il bisogno di adoperarsi per una evoluzione che fa spavento. Tutto ciò che è nuovo, orientato verso la sua differente prospettiva, fa letteralmente paura.
Il più delle volte percepiamo solo tutta la veemenza del dolore che oscurantisce la prospettiva del cambiamento. Non lo capiamo, non lo sappiamo, ma quando soffriamo si esige un cambiamento.
Gli stessi sintomi rappresentano una ribellione ad una condizione e in quel momento il dolore rappresenta paradossalmente il nostro miglior amico che vorrebbe indicarci la strada e ciò che di fatto non va.
La sfida del sintomo è dover riconoscere da cosa esso viene generato per avviare una metamorfosi liberatoria rispetto alla situazione generatrice del sintomo.
Accertati che non ci siano cause di natura organica, se hai un dolore alla gola, domandati, quante parole non dici, soffocate a mezza lingua.
Gli acufeni denotano la presenza di pressioni emotive scaricate sui timpani, gli attacchi di panico che ti fanno temere la pazzia o la morte, denotano cosa davvero ti fa impazzire o ti fa morire nella vira quotidiana. La mancanza di autostima non rappresenta uno stato di deficienza personale, ma a quanti giudizi sul mio conto ho creduto.
La ricerca continua del senso della vita, il mal d’ esistere, denota che c’è molto che non da senso alla mia vita.
Comunque sia, il dolore non è nostro nemico ma al contrario un amico che incita verso una trasformazione di equilibri, verso la serenità e la felicità.
Ma, lì dove è complesso cambiare, cosa succede ? La sofferenza impone e propone l’ adattamento e la capacità di accettazione che acquieta e rigenera una nuova nuova forza di vita. Comunque sia,
l’ organismo è sempre reattivo, per adattamento, al miglioramento di se.
La prostrazione della sofferenza rende vulnerabili, spinge verso l’errore, spinge verso una dimensione comunque umana di differenti prospettive. L’ errore rappresenta la ribellione verso il dolore, è un confuso tentativo irrefrenabile verso una prospettiva di miglioramento.
L’errore rappresenta il partner del cambiamento, è un urlo di liberazione, senza sbagli non si cambia. D’ altronde il bisogno di liberazione, in una condizione di sofferenza che genera confusione, non sempre è progettabile, per quanto si cerchi di non sbagliare perché l’errore è sempre ripugnabile, ma esso è il puro ribelle del dolore, verso una evoluzione al di là dello stesso.
L’uomo è più potente del dolore, della morte perché comunque vada o comunque sia, per istinto di vita o di sopravvivenza, l’uomo si difende sempre, lotta e vive in trincea perché auspica sempre al desiderio di vita e di vittoria. Non molliamo mai.
giorgio burdi
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