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L’ armadio, lo scrigno dell’ intimità.
L’ armadio, lo scrigno dell’ intimità
Nella vita quotidiana, l’armadio non e’ solo un mobile dove riportiamo abiti e oggetti personali; e’ un luogo simbolico che rappresenta cio’ che scegliamo di conservare, proteggere e nascondere. In ambito psicologico, fare spazio nell’ armadio per qualcun altro assume un significato profondo: e’ un gesto che riflette il desiderio di aprirsi, di lasciare andare il passato e di accogliere nuove possibilita’ nella nostra vita emotiva.
Considerando il significato simbolico dello spazio nell’ armadio dal punto di vista psicologico, si puo’ dire che l’ armadio puo’ essere visto come una metafora della mente e del cuore: un luogo interno in cui custodiamo ricordi, paure, desideri e aspettative. Fare spazio nell’ armadio per qualcun altro non e’ solo un gesto pratico, ma un processo psicologico complesso che richiede : confronto con il passato.
Aprire l’ armadio e affrontare il suo contenuto significa riconoscere cio’ che si e’ accumulato nel tempo : vecchi ricordi, esperienze dolorose e gioie ormai sbiadite, in termini psicologici corrisponde al processo di elaborazione del passato. Lasciare andare cio’ che non ci serve piu’ e’ fondamentale per completare i cosiddetti “ cicli aperti” e fare spazio a nuove esperienze.
Affrontare la paura del cambiamento facendo spazio nell’ armadio, rappresenta anche la resistenza al cambiamento; fare spazio per qualcun altro implica vulnerabilita’: si deve rinunciare a un aparte del proprio controllo per accogliere l’ imprevedibile. Questa dinamica e’ legata al concetto di psicologia cognitiva di “ zona di confort”, dove ogni modifica viene percepita come minaccia alla nostra stabilita interiore.
Fare spazio per un’altra persona nell’ armadio non e’ solo un atto fisico, ma un adichiarazione implicita di fiducia e apertura. Dal punto di vista della teoria dell’ attaccamento di Bowlby, rappresenta la disponibilita’ a creare un legame sicuro, accogliendo l’ altro nella propria vita. E’ un gesto che comunica; Ho fiducia in te e nel nostro legame .
Il processo di creare spazio per l’ altro e’ accompagnato da un calendoscopio di emozioni; La prima tra le emozioni coinvolte e che emerge e’ “ La paura”. Aprire l’ armadio significa confrontarsi con cio’ che e’ stato nascosto o rimosso dalla consapevolezza. Puo’ esserci il timore di mostrare parti di se’ stessi che si ritengono inadeguate o non degne di essere viste. Molte persone provano riluttanza e resistenza nel lasciar andare vecchi oggetti, simbolo di esperienze passate. La riluttanza e’ spesso associata a un attaccamento emotivo, come descritto dalla psicologia dinamica: gli oggetti conservati nell’armadio possono rappresentare meccanismi di difesa o il bisogno di matenere il controllo sul proprio mondo interiore.
Ebbene dopo aver affrontato la paura iniziale, fare spazio per qualcun altro puo’ essere un esperienza liberatoria. Nasce un sentimento di speranza ed emozione, lasciando un ripiano vuoto nell’ armadio significa aprirsi alla possibilita’ di costruire un nuovo futuro, caratterizzato da conessioni piu’ profonde e autentiche. Carl Rogers nell’ approccio umanistico sottolinea come l’apertura e l’ autenticita’ sono alla base di relazioni significative.
Liberarsi del superfluo e creare spazio nell’ armadio e’ spesso accompagnato da un senso di leggerezza, il “ decluttering “ anche simbolico teorizzato dalla psicologia positiva evidenzia come possa ridurre il carico mentale e promuovere un senso di benessere generale.
Da un punto di vista terapeutico fare spazio nell’ armadio assume un valore importante poiche’ puo’ essere visto come un esercizio simbolico per promuovere la consapevolezza e il cambiamento, attraverso una visualizzazione guidata si puo aiutare ad esplorare cio’ che l’ armadio rappresenta, identificando le emozioni e i significati sottostanti.
Creare spazio significa, in definitiva, prendersi cura della propria interiorita’, preparandola ad accogliere nuove esperienze e legami. E’ un atto di amore verso se stessi e verso l’altro, un gesto che comunica disponibilita’ e apertura.
Lo spazio nell’a armadio non e’ solo vuoto: e’ potenziale. E’ l’ inizio di una nuova fase, dove cio’ che e’ stato rimosso lascia posto a cio’ che e’ ancora da costruire
angela ciulla
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Sento
Sento
Sentire è lasciar parlare la totalità di se, aldilà di ogni linguaggio e di ogni grammatica differente, è la grammatica dell’ anima, è esprimere un universo dentro di noi, denso di significati, è un eloquio veloce piu della luce, ci collega a noi, oltre ogni nostro orrizzonte e distanza, è come parlare in una stanza, anche se fossimo su pianeti diversi. Il sentire è la quarta dimensione, è ciò che trascende la pelle e va oltre ogni confine ed ogni dimensione è l’ aura intorno a noi, l’ espansione della nostra luce, è il proiettore dell’ anima, è vedere nel buio agli infrarossi.
Chi sente, anticipa, è un miglio avanti, è smart, veloce, sensitivo, veggente, “legge le carte”, ha un talento innato, tanto più se ha sofferto, chi ha toccato il fondo e si è risolto. Chi soffre va giù, come una trivella che trita e spacca i sassi, ma trova le risorse, i propri giacimenti.
Sente, solo chi ha brancolato nel buio e si è ingegnato per costruire torce dal nulla, chi ha camminato scalzo sui ciottoli, si è spianato la strada da solo, chi ha usato l’ aratro e il piccone, chi si è arrampicato a piedi scalzi sulle rocce o ha camminato sui pezzi di vetro, in frantumi, dei propri palazzi di sabbia.
Chi sente vede, anticipa, è attento, sensibile, arriva, riesce, ce la fa, cade e non si arrende, non perde ciò che gli altri non vedono, non si perde d’ animo, non rimane spalmato sull’ asfalto, perché nel suo sentire, percepisce la sua voce flebile che dapprima bisbiglia, poi suggerisce, parla e poi urla; e tanto più urla, quanto più viene mesa a tacere, e per nulla al mondo rinuncia a farsi tarpare le ali e a farsi più tappare la bocca.
Chi sente, trafigge e oltrepassa la notte, dalle sensazioni partorisce intuizioni, si fanno ruscello, che si srotola per chilometri a valle, parte dalla fonte delle più alte vette, dalle profondità delle rocce che levigano i ciottoli e travolge tutto fino alla pianura di un lago.
L’ intuizione del sentire, si fa movimento, scroscio, si fa salto nel vuoto, cascata nei dirupi che travolge i tronchi, delinea una scia e poi mette tutto al margine, l’ acqua pura prende il suo posto d’ onore centrale, secondo un ordine naturale, trova la dignità e la coerenza di se.
Chi sente è libero, e la libertà di sentire rende fieri, se agisce, sente solo chi è libero da fronzoli, da paranoie, da interpretazioni, dal giudizio, dalla mania del controllo, dagli stereotipi e dai pregiudizi, da ogni forma di indottrinamento moralistico o politico, sente chi non è diffidente, perché la diffidenza distorce tutto ciò che è nuovo, che diventa immancabilmente vecchio, chi sente è un open mind, sente chi impara a far tacere il mondo, che fa attenzione a non lasciarsi da esso annegare.
Chi sente, è inesauribile, attinge dalle proprie acque, dalle proprie risorse, resta integro, fedele a se, a ciò che realizza, è incorruttibile, intatto, cambia, ma resta tutto di un pezzo, diviene, rimanendo se stesso, tale e quale a se, compatto, un tutt’uno, un isotopo, un atomo, una batteria nucleare che non si esaurisce mai, è un sole tellurico, un focolaio che non si spegne.
Ma dove sono e si attingono tutte queste risorse, talmente misteriose ? Nel mistero del proprio vuoto, nella propria follia, intesa come il totalmente diverso dagli altri, nell’ indicibile, in ciò che gli altri non possono capire, nel non scontato, nel non ovvio, nei propri simboli, nello sragionare differente dal mondo, nel ragionare con la propria testa, nel proprio istinto, nel mondo onirico che è il confine oltre l’ altro cosmo di noi.
Chi sente, intuisce, prima bisbiglia con voce labile, ascolta, poi parla, sceglie, soffre, urla, agisce e cambia.
Le ossessioni non conciliano col sentire, perché l’ ossesso, non lo sa, ha in testa le voci degli altri, che lo confondono e lo rendono disordinato e ritardatario; è ritardatario, colui che perde tempo nel trovare la sua voce nella sua folla mentale; la strada è sentire ed ascoltare se, ma questo diviene possibile, se degli altri si spegne il volume; bisogna sbagliare tante di quelle volte per approdare al sentire, perché i pensieri fissi rappresentano il traffico dei rancori e rammarichi nella nostra mente, che va sgombrata per ascoltare se; si deve errare tante di quelle volte e soffrire, prendere molti pali ,cadute o fuori strada, per imparare a scrollarsi di dosso il mondo e sentire davvero se.
Il valore è nel dolore e non va trascurato, chi ha il dolore sente solo la voglia di morire, ma è proprio lì che inizia la vita, il parto, il dolore non va schivato, anche se ti costringe ad andare sempre e più giù, a scendere, a cadere e a farti male, l’ audacia e la tenacia, fa rinascere, scrosta e purifica, il ruscello che spacca la roccia dopo tanta caduta e fatica. È solo il dolore che ti fa riconoscere l’ effimero, il superficiale, il manipolatore in fuga che ti usa in preda alle sue evasioni.
Sente, solo chi ha un ascolto attivo, i rumori diventano silenzi, il mondo trasparente, scompare la routine, anche le noie riprendono il loro fascino insieme ai fracassi e alle distrazioni. Chi sente, è uno sceneggiatore, ha da raccontare e da dire, ha il teatro e la festa in testa se apre la combinazione del tuo libro, sa leggersi, ascoltarsi e agire. Domandati cosa sento e pertanto è ciò che vuoi e ciò che più desideri, ed agisci.
Due che sentono, diventano complici, si leggono dentro, fra le righe, hanno uno stesso pentagramma a quattro mani, adoperano in contemporanea le stesse identiche note e parole, sono il filo l’uno dell’altro, non perdono il baricentro, il bandolo, anche se si mescolano nel profondo del fondale, sono in grado di immergersi fino in fondo e di ri emergere velocemente per respirare.
Due che sentono, restano eterni, non muoiono, non si stancano e staccano mai, parlano sempre, non tacciono mai, si stupiscono per i piccoli gesti e per le semplici cose, si accolgono uniti.
Ognuno, nel suo sentire trova la propria strada, è un diamante di luce, tutto da vedere ed ascoltare; per apprezzarne il suo splendore si deve disincrostarlo dalle opacità delle paure quotidiane e dalle ombre altrui, perché se ti scrosti, scopri quanto sei nuovo e sei vivo da sempre, luminoso, ma ogni cosa nuova, anche se se si tratta di noi, fa spavento, perché anche il cambiamento di appartenersi può far spavento, rispetto all’ appartenere a qualcos’altro.
giorgio burdi
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