
La Lettera Analitica (LA) e la Lettera Terapia (LT)
La Lettera Analitica (LA) e
la Lettera Terapia (LT)
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Un libro che Ti legge dentro e non si legge soltanto: Cura, si applica, si vive, Ti aiuta a descriverti, ti Trasforma. “La Lettera Analitica, la Lettera Terapia” è uno strumento operativo ideato dal Dr. Giorgio Burdi, frutto di un metodo originale maturato in oltre trent’anni di esperienza teorica, formativa e sul campo. Non un semplice volume di auto-aiuto, ma una guida concreta per attraversare i momenti critici dell’esistenza, affrontare blocchi emotivi, stendere la propria anima su un foglio, riorganizzare il sentire e ritrovare lucidità nelle fasi multiproblematiche o post-traumatiche, fino a trasformarle in profondità.
Il Metodo Burdi offre una via alla diretta interiore, al riconoscimento dei propri stati emotivi e alla riscrittura del vissuto, attraverso la composizione di lettere indirizzate a persone, eventi, sintomi o parti di sé. Ogni lettera è uno spazio di consapevolezza dove ciò che non è mai stato detto può finalmente prendere forma e liberare energia bloccata. È una tecnica accessibile e profonda, da praticare in autonomia come forma di autoanalisi, oppure da integrare nei percorsi di psicoterapia individuale, di coppia o di gruppo.
Il libro è uno strumento di cambiamento per tutta la vita, rivolto a chiunque desideri risolversi e conoscersi per davvero, ma anche per i professionisti della relazione d’aiuto che cercano strumenti nuovi, mirati e replicabili per promuovere un cambiamento reale. Può essere utilizzato come diario personale, compagno di viaggio nelle fasi più complesse della vita, o come risorsa stabile per il lavoro di esplorazione psichica. La Lettera Analitica non solo consola: rivela. Non edulcora: attraversa. Non si limita a raccontare il passato, ma lo rielabora per restituire dignità al presente, ordine e futuro.
Un’opera densa, intensa, pratica e incisiva, capace di generare un impatto con sé autentico e una trasformazione duratura. Scrivere per guarire, scrivere per scegliere, scrivere per tornare a sentire.

Gratitudine
GRATITUDINE
Gratitudine, sentimento conosciuto da pochi e quasi folle per molti: l’arte di riconoscere ciò che di bello esiste, anche quando è invisibile ai nostri occhi. In un mondo viziato, che pretende più di quanto sia giusto avere, di cosa possiamo
essere veramente riconoscenti? Affamati di un traguardo senza percorso, siamo offuscati da standard non autoimposti, come se ciò che non possediamo fosse più affascinante e ciò che ci circonda, mediocre. Questo può dipendere da innumerevoli fattori, come l’abitudine a ricevere sempre ciò che desideriamo, portandoci a pretendere sempre di più da noi stessi e dagli altri, poiché l’ingratitudine coinvolge soprattutto i rapporti sociali.
È più facile vivere desiderando qualcosa di grande che amare ciò che è leggermente più piccolo, ma tangibile. Ci nutriamo di desideri, siamo privi di concretezza; ci è stato inculcato che essere grati significhi accontentarsi. Ma perché? Siamo gli unici responsabili della bellezza che ci appartiene: ciò che viviamo cambia in base al nostro punto di vista. Ecco cosa significa gratitudine: saper colorare una tela in bianco e nero senza doverla necessariamente buttare, trasformare una delusione in una lezione ed essere fieri di averla vissuta per affrontare meglio il futuro.
Siamo fatti di energie: tu decidi cosa attrarre e cosa trasmettere agli altri. L’energia positiva può attrarne altra, e il punto di vista negativo di qualcun altro può essere positivo per te.
Fermati e osserva: c’è sempre qualcosa che possiedi. Prenditene cura, è tua; nelle mani di qualcun altro potrebbe non essere apprezzata. Essa non è solo un sentimento di riconoscenza, ma un vero e proprio strumento di crescita personale,
una risorsa fondamentale in ambito psicologico che aiuta il paziente a non sentirsi solo. Ecco perché andrebbe coltivata con piccoli gesti quotidiani. Oltre ad avere aspetti funzionali, la gratitudine ha un’importante valenza etica: siamo parte di una rete di scambi che non sempre possiamo controllare. Ciò che di buono ci arriva non ci spetta di diritto, ma per grazia o per scelta altrui, un insieme di fattori che ci supera.
Questo ci spinge anche all’azione, ovvero al desiderio di restituire, non necessariamente al beneficiario, ma al mondo intero. Riconoscere e valorizzare ciò che abbiamo trasformando la nostra percezione della realtà, allenare lo sguardo alle piccole cose, attivare una connessione vera , favorire una visione equilibrata e e positiva di sé e gli altri. Essere grati è una scelta.
Valeria De Girolamo
Tirocinante di Psicologia presso lo Studio Burdi Università degli studi di Foggia

Taglio Netto
Taglio Netto
La genitorialità è un dono prezioso, un percorso bellissimo che dà la possibilità di donare tutto l’amore che possediamo ad un nuovo essere, un piccolo noi. Ma come ogni percorso, come ogni scelta di vita richiede profondo impegno, costanza, disponibilità e pazienza.
Non tutti sanno riconoscere questo impegno e dargli la giusta importanza, perché non tutti sono stati cresciuti col giusto esempio e non tutti hanno deciso di prendere atto di questo limite e far qualcosa per migliorarsi.
I figli di questi genitori iniziano fin da subito ad assumersi responsabilità non adatte alla loro età: si occupano della casa, dei fratelli minori, cercano di risolvere i conflitti genitoriali come se la loro presenza fosse l’unica cosa utile e necessaria per stabilire un equilibrio nell’ambiente familiare. Questi figli non riescono a godersi la spensieratezza e l’ingenuità dell’infanzia, o a dedicarsi ai doveri e gli hobby del periodo adolescenziale.
E crescendo si distaccano emotivamente da tutto, qualsiasi problema personale viene considerato futile perché quello che si vive in casa è troppo grande e viene sempre al primo posto.
E’ fondamentale a questo punto rendersi conto di quando viene superato il limite, perché la responsabilità che si sente nei confronti dei propri genitori e nei confronti del loro benessere sta superando l’importanza che si da al proprio benessere.
Per quanto l’idea di togliersi di dosso questa responsabilità faccia paura e porti con sé il senso di colpa di “dover abbandonare” i propri genitori, in queste circostanze dare un taglio netto è fondamentale per rinascere, per vivere in quanto soggetti autonomi e non in quanto genitori dei propri genitori.
Non dimentichiamoci mai che essere genitori è una scelta, e che si può essere dei bravi genitori soltanto se questa scelta viene presa con la giusta consapevolezza, per evitare che in futuro i propri figli possano rivivere ciò che in ogni momento della propria crescita si è stati costretti a subire.
Ma soprattutto, ricordiamoci che a volte essere dei bravi figli significa saper porre dei limiti che permettano ai propri genitori di comportarsi da adulti in quanto tali, e che ci lascino la libertà di respirare e dedicarci, finalmente, a noi. Perché il nostro Io è più importante di ogni altra cosa.
Martina Cacucciolo
Tirocinante in psicologia presso lo Studio Burdi Università di Foggia

Il Numero Uno e Il Numero Due – Il Libro –
“Il Numero Uno e Il Numero Uno”
– Il Libro –
Una Nuova Metodologia di Ricerca sulle Personalità
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Panoramica del libro
Questo libro è una seduta Analitica perpetua, un dialogo ininterrotto con se stessi e il mondo, da portare a casa, da utilizzare ogni giorno della vita. È un compagno irrinunciabile, un testo che dovrebbe occupare per sempre un posto nella propria libreria, pronto a risuonare ogni volta che si cerca sé stessi.
Propone un Modello nuovo di Comprensione delle Personalità, della Tua Personalità, chiedendoti, parola dopo parola, di proteggere la tua voce, di custodire ciò che sei senza mai tradirti, perché è da quella voce che nasce ogni felicità possibile. Dentro ognuno convivono due istanze: il Numero Uno, l’essenza più autentica, vera, irripetibile, un’opera d’arte vivente da ammirare, coltivare, progettare; e il Numero Due, che ne ostacola l’emersione, incarnando tutto ciò che lo ingabbia: i doveri, gli obblighi, il giudizio altrui, i sensi di colpa, i modelli imposti, i moralismi. Il Numero Uno combatte ogni giorno contro le forze del Numero Due, in una lotta invisibile ma decisiva.
Questo non è un manuale di sopravvivenza: è uno strumento di rivelazione, un invito costante a far emergere te stesso, a instaurare un dialogo fecondo tra la tua verità interiore e il mondo che ti circonda. È un metodo radicalmente nuovo per leggere la propria personalità, ascoltare la propria voce più profonda, risalire all’origine di tanti disagi che si annidano sotto la superficie tali da creare psicopatologie più note. Non è solo un libro, ma una guida viva, da utilizzare ogni giorno come uno strumento pratico di evoluzione.
Ogni volta che lo si riapre, ogni paragrafo agisce come una seduta di analisi, capace di scuoterti, provocarti, chiederti di rispondere a te stesso senza più alibi, aprendo varchi concreti verso un cambiamento reale e una felicità costruita sulle tue fondamenta più vere. È il risultato di trent’anni di lavoro, di ascolto, di ricerca su come cogliere, definire e mettere in atto la missione unica di ciascun essere umano: essere pienamente se stesso.

Il senso ammala, Il significato cura
*Il senso ammala, Il significato cura, il senso dopo il significato consolida.*
È difficile trovare un senso alle cose e in effetti non è proprio quello l’obiettivo principale. Trovare un senso è una frase che di per sé non ha senso. Il senso non si trova, ma si può dare. In effetti, la frase dovrebbe essere “dare un senso alle cose”. Ma prima di dare bisogna fare.
A volte ci incastriamo in meccanismi continui di dover dare un senso alle cose senza effettivamente avere la materia prima: il fare. Proprio per questo motivo, il senso perde di qualità e diventa una mera elucubrazione mentale che non ci soddisfa pienamente. In effetti, il senso è un concetto troppo vago, etereo, che può voler dire tutto e voler dire niente. Questo può sembrare un ossimoro: “Come è possibile che il senso non abbia effettivamente senso?”
La parola “senso” deriva da “sensūs” participio passato del verbo che tradotto in italiano vuol dire “percepire”. Già di per sé il concetto di senso si basa sulla percezione, che non ha nulla di oggettivo e quindi può essere compromessa dalle sensazioni – anch’esse derivanti dalla parola senso – e quindi essere figlie di un malessere, una depressione, una parvenza di vero che vero non è.
“Voglio trovare un senso a questa vita, anche se questa vita un senso non ce l’ha”.
Vasco Rossi stesso aveva capito che il senso è sensazione.
Dovremmo invece sostituire la parola senso con significato.
La parola significato deriva dal latino significatus, participio passato di significare, che a sua volta è composto da signum (“segno”) e facere (“fare, rendere”).
Lasciare il segno con il fare ed è qui che l’esistenza gira attorno. Fare è essere. Fare è vivere. Fare è significare.
Avere troppo tempo libero per pensare al senso, ci porta lontano dal significato, che non è nient’altro che agire. Agire? Come?
Hobby, sport, sana alimentazione, persone analitiche con il quale passare del tempo di qualità, non giudicare prima di conoscere, non avere rancori, lavorare con il piacere e non piacere perché devi lavorare, fare figli quando si è pronti e non fare figli per essere pronti e soprattutto sano egoismo, amare con la consapevolezza di amarsi. Ritagliarsi un po’ di spazio per sé stessi senza la smania di doverlo per forza condividere con qualcuno.
Il senso può ammalarci, renderci deboli, colpirci nelle nostre più profonde e inconsce debolezze, distruggere le nostre certezze, mettere in discussione i nostri sentimenti. Il significato è la perfetta cornice che delinea la nostra psiche.
La nostra psiche deve essere vista come un quadro di olio che non si asciuga mai, che può colare da un momento all’altro e l’unico modo per contenere questa decadenza è la cornice del significato.
Il significato è curativo, solleva l’anima e la rende libera. Una volta raggiunto questo livello, possiamo dare un senso alla nostra vita, asciugare quei colori ingestibili e dare una netta dimensione alle sfumature della nostra vita. Il senso dopo il significato ci aiuta a consolidare chi siamo e a farci rendere conto che per stare bene, basta davvero poco.
alessio
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Manuale di Autoipnosi
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Su Amazon è online il Cofanetto sull’Autoipnosi (Edizione 2015-2025), realizzato dallo Studio BURDI. È un percorso articolato in sette tappe, disponibile al costo di una singola seduta. Inaugura la Collana:
“Psicologia e Psicoterapia Applicata”
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“Manuale di Autoipnosi”
Seconda Edizione 2015-2025
ISBN 979831214451290000
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📖 Il Cofanetto comprende:
1. Libro cartaceo o Kindle
✅ Tecniche di autoipnosi presentate con chiarezza e accessibilità.
✅ Metodo semplice e scientificamente validato per ottenere risultati concreti.
✅ Percorso guidato, strutturato passo dopo passo, per favorire rilassamento, concentrazione e benessere.
2 Tracce Audio e 100+ Script
✅ – Sette – 7 Tracce Audio –
Disponibili tramite QR Code, pronte per l’ascolto in qualsiasi momento e luogo:
✔️ Il rilassamento – Per sciogliere tensioni e ritrovare calma interiore.
✔️ Stabilisci la meta – Per allenare la mente a raggiungere obiettivi.
✔️ Riposa serenamente – Per migliorare la qualità del sonno e risvegliarti energico.
✔️ Quieta il tuo pensiero – Per liberarti da pensieri negativi e sviluppare lucidità mentale.
✔️ Difendi la tua salute – Per rafforzare il benessere psicofisico.
✔️ Antifumo – Per smettere di fumare in modo naturale e definitivo.
✔️ Raggiungi il peso forma – Per ritrovare il controllo su corpo e alimentazione.
✅ 100+ SCRIPT di Testi distinti di Induzione da Leggere, Registrare o far Recitare per indurre Auto Ipnosi per Problematica Specifica.
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Presentazione
Manuale di AutoIpnosi
L’ipnosi è uno stato naturale della mente, un’esperienza quotidiana che spesso passa inosservata. Accade quando si guida lungo un tragitto abituale e ci si ritrova a destinazione senza ricordare il percorso, o quando ci si perde nei pensieri mentre qualcuno parla, trasformando la sua voce in un suono lontano. Sono momenti di trance spontanea, in cui la razionalità si ritira e lascia spazio all’inconscio, la dimensione in cui risiedono emozioni, sogni, intuizioni e potenzialità inesplorate.
L’ipnosi non è un mistero né un trucco, ma una soglia di accesso alle risorse più profonde. Un viaggio interiore capace di rivelare capacità inespresse, superare blocchi emotivi, smantellare convinzioni limitanti e risvegliare energie latenti. Il Manuale di Autoipnosi, disponibile su Amazon, guida il lettore in questa esplorazione, fornendo strumenti pratici per comprendere e sperimentare la trance ipnotica. Non si tratta solo di leggere e ascoltare, ma di immergersi in un’esperienza trasformativa.
Contrariamente ai luoghi comuni, l’ipnosi non comporta perdita di controllo, ma rappresenta un mezzo per riappropriarsi del proprio mondo interiore e riscriverlo. Il cervello registra e filtra informazioni attraverso schemi mentali costruiti nel tempo, influenzati dall’educazione, dall’ambiente familiare e dalle esperienze vissute. Spesso, questi schemi si irrigidiscono, limitando la libertà di essere e di esprimersi. È qui che l’ipnosi interviene, sciogliendo tensioni emotive e liberando la mente da vincoli inconsci che possono manifestarsi nel corpo come sintomi fisici.
Mal di testa, dolori articolari, disturbi gastrici, tachicardia, insonnia, disfunzioni sessuali, ansia e depressione possono essere espressioni di un conflitto interiore inascoltato. Quando la mente non riesce a tradurre il disagio in parole, il corpo lo esprime attraverso sintomi, che spesso vengono ignorati finché non si fanno troppo evidenti.
L’ipnosi permette di intervenire su questi processi, favorendo un riequilibrio interiore che porta a una nuova consapevolezza e a un benessere più profondo. L’inconscio, libero dalle interferenze della razionalità, diventa uno spazio aperto al cambiamento, in cui riscrivere percezioni, vissuti e convinzioni limitanti.
Questa capacità non è riservata a pochi, ma appartiene a ogni individuo. Alcuni accedono facilmente alla trance ipnotica grazie a una predisposizione naturale all’immaginazione e alla suggestione, altri vi giungono con maggiore difficoltà a causa di una razionalità rigida che ostacola l’accesso agli stati profondi della mente. Proprio per questi ultimi, l’ipnosi può rappresentare un’opportunità straordinaria: affidarsi al proprio mondo interiore significa risvegliare potenzialità latenti, rafforzare la fiducia in sé stessi, superare paure e insicurezze.
In psicoterapia, l’ipnosi è un ponte tra conscio e inconscio che consente di elaborare esperienze dolorose, superare blocchi emotivi e trasformare il modo di affrontare la vita. Il terapeuta diventa una guida, un esploratore dell’anima che accompagna il paziente nelle profondità della psiche, aiutandolo a illuminare le zone d’ombra e a ricostruire un equilibrio più armonioso tra razionalità ed emozione.
Non si tratta di subire un processo, ma di esserne protagonisti, imparando a riscrivere la propria storia interiore. Il Manuale di Autoipnosi non è solo un libro, ma un’esperienza che insegna a comprendere il funzionamento della mente e a sfruttarne il potenziale nascosto.
Se vuoi scoprire come funziona l’ipnosi, se vuoi sperimentare il potere della tua mente e imparare a utilizzarlo per migliorare la tua vita, questo libro è il punto di partenza ideale. Il viaggio nella tua mente è pronto per iniziare. Sei pronto a scoprire di cosa sei veramente capace?
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Adolescenza e Genitorialità
Mamma, ho il cervello fasciato!!
Un cervello fasciato è un giardino d’inverno, dove il vento si ferma sul bordo. Eppure, tra fasce e pensieri, un battito lento e rabbioso è il suono di un eco che accenna un abbraccio di aurora
Lo sguardo di un adolescente che si sente tra l’incudine e il martello. Si sente in gabbia. Incapace di essere sé stesso. Sempre con l’altro al centro, dando alle proprie preferenze e a sé stesso una priorità bassissima. In un loop ansia-dubbio-controllo-benessere, e di nuovo. Vuole avere tutto e tutti sotto controllo. Anche i genitori. Che forse percepisce come mine vaganti, nascoste sotto quello che ritiene un campo di battaglia e invece dovrebbe essere semplicemente il terreno fertile su cui germogliare. La rabbia sconsiderata che quell’adolescente mostra, spesso non è un pensiero con un significato, ma una azione che parla al posto suo. Quell’adolescente ad un certo punto trova, a modo suo, il coraggio di segnalare che la cosa non è più tollerabile.
Ma cosa passa nella sua testa? Raggiungerlo, là dove è lui e non dove vorrei portarlo io. L’ascolto vero. Non è ricerca di soluzioni performanti, né di risposte. E’ una semplice mano sulla spalla. E’ un incontro che accoglie e restituisce. Niente psicologia positiva. Niente puntare sulle sue risorse. Ma provare a riconoscere un po’ la sua emozione.
Questo modo di relazionarsi può sembrare di poco successo nell’immaginario collettivo, perché viene considerato una resa educativa. Poco funzionale alla evoluzione dei nostri figli, come se una sorta di durezza dei sentimenti dovesse avvolgere necessariamente la genitorialità, per favorire la gerarchia. Percepita come LA soluzione. Come se la gerarchia fosse quello di cui una giovane persona ha bisogno per esprimersi al meglio.
Provare a riconoscere le emozioni del proprio figlio credo che sia la cosa piu’ difficile per un genitore. Perché richiedeanche a sé stessi di sviscerare il proprio dolore, riconoscerlo e renderlo pensiero e racconto personale (non del propriofiglio), senza erigersi a detentore della verità. Andare a mettere mani nel proprio passato, non tanto per narrare la propria storia (che a dritto e storto ha una qualche forma di equilibrio), ma soprattutto per farsi adulto per il proprio figlio, evitandogli proposte di natura proiettiva, che ai suoi occhi hanno probabilmente tutta l’aria di essere sintonizzate con il proprio dolore di bambino. Come potrebbe abbandonarci nel nostro dolore che riconosce, senza sentirsi cattivo?! Ma come potrebbe accettare la nostra visione senza sentirsi senza via di uscita?! (Forse) La natura proiettiva delle nostre azioni di genitori non risolti, diventa un ostacolo ulteriore alla già difficile costruzione della propria identità, nell’adolescenza.
Cosa gli passa nella testa? Forse il timore di abbandonare e deludere quel genitore che riconosce ferito! Un pensiero inconscio, questo, che lo fa sentire non amabile ai propri occhi e perciò rifiutabile. Forse questa idea si accompagna al sospetto di non veder ricambiato il proprio sentimento per lui e alla prova provata che si possa essere abbandonabili e costantemente tradibili. È questo (forse) il quadro su cui si manifesta la rabbia di un “cervello fasciato”?
valeria carofiglio
tirocinante di psicologia
presso lo studio burdi
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Nata Una Seconda Volta
Nata una seconda volta
Sono nata una seconda volta..
Incredibile, fantascienza fino ad un anno e mezzo fa …
La me di oggi non c’era prima, prima c’era un’altra che non esiste più .
La penso con tenerezza, rabbia, disappunto.
Se l’avessi davanti vorrei prenderla per le spalle scuoterla e svegliarla..
Ma non la vedo più.. oggi riflessa nello specchio vedo ME, la vera me ..
Ed è bellissima e la amo da morire …
Che bello aprire gli occhi e vedere tutto diverso …
Che bello scoprire che quel perenne senso di colpa e di debito di inadeguatezza verso tutto e tutti : marito, figli , lavoro, genitori, amici non e’ nato con me ma frutto di schemi che ci hanno impresso appena venuti alla luce se non prima …
Oggi ho capito che cos’è la libertà.
La libertà e’ essere se stessi senza il bisogno spasmodico di eccellere in ogni cosa, senza frustrazioni se non ci riesci.
Libertà e’ scegliere con chi stare.
Libertà e’ essere gelosi del proprio tempo, del proprio buon umore..
Libertà e’ fregarsene del giudizio degli altri.
Il giudizio degli altri ci rende schiavi inconsapevoli e ci fa vivere una vita non nostra …
Oggi ho capito che cos’è l’amore.
L’amore è amare se stessi.
Accogliere se stessi ogni giorno e supportarci e comprendere i nostri desideri e i nostri disagi ed aiutarci nei momenti difficili così come facciamo con gli altri amori della nostra vita, anzi di più .
Amore significa divertirci, giocare e ridere ridere fino a restare senza respiro.
Amore significa commuoverci ed accogliere anche le emozioni negative perché sono sempre emozioni e in quanto tali sono VITA.
Oggi ho capito quanto è speciale l’essere umano.
Tutti diversi all’apparenza ma tutti uguali.
Oggi amo l’essere umano.
E voi compagni di questo mio straordinario viaggio, mi avete insegnato questo amore diverso, inatteso speciale .
Vi ringrazio per esserci stati uno ad uno quelli che sono andati via prima e che spero di riabbracciare prestissimo e poi tutti voi che lascio con commozione qui:
Eva: il candore, una rosa sbocciata davanti ai nostri occhi
Antonello: la tenerezza, l’immenso amore per Sara. Gli auguro che con la stessa intensità ami presto se stesso e poi non lo fermerà più niente e nessuno.
Raffaella: la freschezza, la voglia di vivere, la sensuale innata dolcezza.
Eldorado: è speciale e non lo sa, quando se ne accorgerà si amerà come deve
Saverio: è speciale e lo sa, ma si ama a metà …
Francesco: se deciderà di demolire, scoprirà tanta meraviglia.
Federica: la cucciola guerriera, la forza dirompente.Prenditi tutto il meglio Fede, la vita te lo deve.
Giuli, arrivata da poco, peccato … mi sarebbe piaciuto conoscerla meglio..
Carmela: fidati e affidati e scoprirai cose che ancora non sai.. pensa…
Simona: il mio antipodo, ma che figata conoscerti .
Laura: il bisturi di seta, incisiva nella sua smisurata delicatezza…
E poi il dott. Giorgio, cosa dire, mi ha preso per mano e mi ha fatto percorrere la mia vita al contrario fino ad arrivare a quella bambina dietro la ringhiera , me l’ha fatta abbracciare , rassicurare, ed insieme siamo tornate qui e lei sarà sempre con me.
Certo non mi aspetto che questo stato di beatitudine duri per sempre, ma la cosa importante è io che l’abbia provato, che io sappia che esiste che non è utopia.
E qualora lo perdessi il mio unico obiettivo sarà di ritrovarlo. Vi voglio bene
paola
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L’ armadio, lo scrigno dell’ intimità.
L’ armadio, lo scrigno dell’ intimità
Nella vita quotidiana, l’armadio non e’ solo un mobile dove riportiamo abiti e oggetti personali; e’ un luogo simbolico che rappresenta cio’ che scegliamo di conservare, proteggere e nascondere. In ambito psicologico, fare spazio nell’ armadio per qualcun altro assume un significato profondo: e’ un gesto che riflette il desiderio di aprirsi, di lasciare andare il passato e di accogliere nuove possibilita’ nella nostra vita emotiva.
Considerando il significato simbolico dello spazio nell’ armadio dal punto di vista psicologico, si puo’ dire che l’ armadio puo’ essere visto come una metafora della mente e del cuore: un luogo interno in cui custodiamo ricordi, paure, desideri e aspettative. Fare spazio nell’ armadio per qualcun altro non e’ solo un gesto pratico, ma un processo psicologico complesso che richiede : confronto con il passato.
Aprire l’ armadio e affrontare il suo contenuto significa riconoscere cio’ che si e’ accumulato nel tempo : vecchi ricordi, esperienze dolorose e gioie ormai sbiadite, in termini psicologici corrisponde al processo di elaborazione del passato. Lasciare andare cio’ che non ci serve piu’ e’ fondamentale per completare i cosiddetti “ cicli aperti” e fare spazio a nuove esperienze.
Affrontare la paura del cambiamento facendo spazio nell’ armadio, rappresenta anche la resistenza al cambiamento; fare spazio per qualcun altro implica vulnerabilita’: si deve rinunciare a un aparte del proprio controllo per accogliere l’ imprevedibile. Questa dinamica e’ legata al concetto di psicologia cognitiva di “ zona di confort”, dove ogni modifica viene percepita come minaccia alla nostra stabilita interiore.
Fare spazio per un’altra persona nell’ armadio non e’ solo un atto fisico, ma un adichiarazione implicita di fiducia e apertura. Dal punto di vista della teoria dell’ attaccamento di Bowlby, rappresenta la disponibilita’ a creare un legame sicuro, accogliendo l’ altro nella propria vita. E’ un gesto che comunica; Ho fiducia in te e nel nostro legame .
Il processo di creare spazio per l’ altro e’ accompagnato da un calendoscopio di emozioni; La prima tra le emozioni coinvolte e che emerge e’ “ La paura”. Aprire l’ armadio significa confrontarsi con cio’ che e’ stato nascosto o rimosso dalla consapevolezza. Puo’ esserci il timore di mostrare parti di se’ stessi che si ritengono inadeguate o non degne di essere viste. Molte persone provano riluttanza e resistenza nel lasciar andare vecchi oggetti, simbolo di esperienze passate. La riluttanza e’ spesso associata a un attaccamento emotivo, come descritto dalla psicologia dinamica: gli oggetti conservati nell’armadio possono rappresentare meccanismi di difesa o il bisogno di matenere il controllo sul proprio mondo interiore.
Ebbene dopo aver affrontato la paura iniziale, fare spazio per qualcun altro puo’ essere un esperienza liberatoria. Nasce un sentimento di speranza ed emozione, lasciando un ripiano vuoto nell’ armadio significa aprirsi alla possibilita’ di costruire un nuovo futuro, caratterizzato da conessioni piu’ profonde e autentiche. Carl Rogers nell’ approccio umanistico sottolinea come l’apertura e l’ autenticita’ sono alla base di relazioni significative.
Liberarsi del superfluo e creare spazio nell’ armadio e’ spesso accompagnato da un senso di leggerezza, il “ decluttering “ anche simbolico teorizzato dalla psicologia positiva evidenzia come possa ridurre il carico mentale e promuovere un senso di benessere generale.
Da un punto di vista terapeutico fare spazio nell’ armadio assume un valore importante poiche’ puo’ essere visto come un esercizio simbolico per promuovere la consapevolezza e il cambiamento, attraverso una visualizzazione guidata si puo aiutare ad esplorare cio’ che l’ armadio rappresenta, identificando le emozioni e i significati sottostanti.
Creare spazio significa, in definitiva, prendersi cura della propria interiorita’, preparandola ad accogliere nuove esperienze e legami. E’ un atto di amore verso se stessi e verso l’altro, un gesto che comunica disponibilita’ e apertura.
Lo spazio nell’a armadio non e’ solo vuoto: e’ potenziale. E’ l’ inizio di una nuova fase, dove cio’ che e’ stato rimosso lascia posto a cio’ che e’ ancora da costruire
angela ciulla
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L’ Imbarazzo
L’ imbarazzo
L’imbarazzo è un turbamento che tutti provano almeno una volta nella vita.
Lo proviamo quando ci sentiamo non all’altezza o giudicati dagli altri, per uno sbaglio o una situazione sconfortante. Può farci avvampare, grondare o sentire un forte disagio.
Quest’emozione, nonostante sia sgradevole, è importante: aiuta a comportarci secondo le regole sociali e ad emendare i nostri equivoci.
Ad esempio, se facciamo una sciocchezza, l’imbarazzo ci spinge a scusarci e a cercare di sistemare.
Il senso di colpa, tale comportamento, è frutto di esperienze vissute durante la fase infantile. Ad esempio, i bambini si scusano quando sbagliano, quando dicono una parolaccia, quando sbagliano.
Questo sistema di scuse si propaga dall’infanzia fino all’età adulta. L’adulto si scusa con il partner, la famiglia e il lavoro. Siamo fatti di scuse meno di ossa.
La ciclicità delle scuse comporta una metastasi di senso di colpa.
Senso di colpa e imbarazzo sono amiche o nemiche? La domanda non ha ragion di esistere.
L’imbarazzo è conseguente al senso di colpa, nella stessa misura in cui il senso di colpa è antecedente all’imbarazzo. Uno dei punti che crea forte imbarazzo, aldilà del rapporto con i genitori, sono i tabù.
Fortunatamente, negli ultimi anni attraverso i social e la comunicazione virtuale, i ragazzi parlano e trattano argomenti che fino a ieri, per cosi dire, erano tabù. Spesso, gli argomenti ruotano attorno alla donna, probabilmente perché la donna o gli atteggiamenti da donna generano imbarazzo. Anche qui, diventa complicato rispondere. Certamente, possiamo considerare come “la nuova generazione” sta affrontando l’imbarazzo, i tabù e i silenzi intimidatori, lo fa con destrezza, con arroganza e di diritto perché ci si riprende in toto o in parte quello che per anni è stato sotterrato. Per esempio, una ragazza non si imbarazza più se deve baciare un’altra ragazza o cambiare l’assorbente nel bagno del centro commerciale. Siamo donne, non vasi ripieni di fiori meravigliosi. Logicamente, anche l’uomo ha i suoi imbarazzi, oggetto di discussione è l’aspettativa degli altri.
L’aspettativa negli altri, si genera nell’uomo, in particolare dal confronto con il padre.
Le cause dell’imbarazzo possono essere molte e varie: una svista davanti agli altri, una colloquio arduo o la paura di non soddisfare le aspettative degli altri.
Ogni persona reagisce diversamente, ma tutti possiamo imparare a manovrarlo con alcuni tips..
Per gestirlo, può essere utile ammetterlo come una parte normale della vita.
Ironizzare su noi stessi o non prenderla troppo seriamente aiuta anche. In più, riflettere sull’esperienza aiuta a non ripetere situazioni analoghe in futuro.
In conclusione, l’imbarazzo è una sensazione normale e, se impariamo a in miglior maniera, possiamo utilizzarlo come spunto per crescere ed interagire meglio con le persone.
sharon di mauro
tirocinante di psicologia
università statale di Foggia