Senza Freni
Chi fa analisi, si mette in discussione, abbatte i limiti, tira fuori le proprie meraviglie. Con essa ritorna integro e stabile, persona di fiducia, ripudia le maschere e non ha peli sulla lingua, è uno su cui si può fare affidamento, ma non all’ infinito.
È quella persona in grado di poter dire a se stessa, c’è in me qualcosa che non va, non funziono, faccio gli stessi errori, sono imprigionata nelle mie nevrosi dei miei automatismi, vorrei svincolarmi, andarci a fondo, scovare le radici, poterle sradicare.
Il problema vero tra chi si mette in discussione e chi non lo fa, è molto serio e profondo, al punto tale che esso viene esteso dal personale ad una relazionale, al sociale. Ognuno potrebbe dire di essere in grado di mettersi in discussione, ma non è così semplice. Ognuno direbbe di essere medico o psicologo di se stesso e che non credono in loro, perché sono puri commercianti. A parte le troppe resistenze e gli alibi presenti in queste espressioni difensive, c’è anche tanta esibizione di ignoranza.
Questo modo di pensare e di agire, viene determinato da chi ignora quei meccanismi mentali, tanto presenti in ognuno, che sono condizionati dalla memorie e da meccanismi interpretativo – proiettivi, limitativi, che intaccano e deviano la vita personale quotidiana delle relazioni e quella vita sociale. Ognuno si attribuisce la capacità di sapersi mettere in discussione, per il fatto di vedersi semplicemente come soggetti pensanti, capaci di auto analizzarsi. Un’ analisi di questo tipo è farlocca, porta solo acqua al proprio mulino.
L’ eccellente padre della psicanalisi Sigmund Freud, riconosce il limite di potersi analizzare da solo e per questioni personali si rivolge dal suo amico psichiatra Josef Breuer, però da questo riconce disappunto, perché non in grado di farla. Per la psichiatra psicanalista Karen Horney, autrice di un famoso libro dal titolo “Autoanalisi”, riconosce il limite dell’ analisi fai da te.
Pertanto gia chi non si mette in discussione ha già un serio problema, ma chi fa autoanalisi fai da te, è un falsario mendace, perché si auto giustifica e commisera, si ri-conduce ai propri torna conti. È patologico chi ritiene di non sbagliare mai, chi mitraglia alibi in ogni circostanza, chi è convinto di avere le ragioni sempre dalla propria parte si condanna ad un’ isolamento auto inflitto.
L’ analisi, quella titolata, va fatta da uno specialista che oltre alle sue competenze, è super partes, non ha obiettivi personali rispetto ai cambiamenti del soggetto, se non quelli concordati. L’ autoanalisi invece non è verificabile ed oggettiva, è del tutto differente per chi ha fatto un percorso individuale o gruppo analitico.
Recitava Jean Paul Sartre, “l uomo è l’ inferno”, invece sottoscritto è felice di entrare nel proprio studio, perché può incontrare persone “normali”. Ciò che rende un uomo sano e normale è unicamente la sua capacità di mettersi in discussione o il suo solo desiderio di farlo. Il mondo fuori è tossico, nevrotico, fuori di testa, psicotico, alle volte da essere odiato.
Chi fa analisi viene riportato alla serenità di se stesso, compie un restyling o il restauro del suo valore che possiede da essere riportata allo splendore dell’ opera che è, raggiunge il suo benessere, impara correttamente e consapevolmente a relazionare con il gli inconsapevoli.
Chi fa analisi, è autorizzato a mollare i propri freni inibitori, è capace di una rabbia ponderata, evoluta, ma incisiva. Chi l’ analisi non la conosce e non sa cosa sia il mettersi in discussione, trasforma la propria rabbia, specialmente quella sommata ed implosa, in impulsività o violenza.
La rabbia è una emozione regale, che si affaccia naturalmente in ognuno, quando si trova in contesti in cui si affranca il bisogno di giustizia. Essa è il nostro body gard, il rappresentante sindacale che ripetutamente invita e chiama all’ appello la propria presenza. La rabbia non è mai pericolosa, ma la sua reiterata implosione, si.
Quando essa si presenta, è delicata, alle volte non trova le parole, si manifesta sotto forma di sensazione di disagio, ma se la reattività è immediata, trova le sue ragioni e gli equilibri appropriati. Ciò che conta è comunque la sua espressione, mantenendo il contatto con i contenuti reali. La rabbia diviene depressione o violenza se ripetutamente viene soffocata.
Chi fa analisi, da ragione e valore ai propri diritti, ai principi, all’io e alla propria dignità, non va mai tralasciata, non detta o nulla di intentato. Essa è l’ espressione della propria intimità. Pertanto, parlare sempre, tacere mai. Ogni qualvolta affiori, una pur microscopica , si viene chiamati all’ appello, al proprio protagonismo, la rabbia è una grande opportunità per essere sempre vivi e presenti.
Se non ascolti la tua rabbia, l’ altro si regola su di te, ti metti in disparte, in secondo piano, scompare la tua autostima, diventi preda e zerbino, ti fai sottomettere e svalutare. Quando non
l’ ascoltiamo, ci ammaliamo e diventiamo i massimi responsabili, perché essa ti parla di continuo e tenta di difendere incessantemente la tua salute. La vita è un incessante confronto e la risposta data produce stimolo ed adrenalina, stanca e svilisce solo chi molla e non l’ ascolta.
Una persona depressa, schiva la rabbia, non ha testa per il confronto e la lotta, è stanco di suo, magari vorrebbe scomparire, si pone già come un perdente in partenza. Una persona mossa dalla rabbia, viene mossa dalla sua pulsione di vita, è più tranquilla, intraprendente e produttiva, produce endorfine e adrenalina; da lì a poco ogni conflitto gli risulterà essere la norma, perché risponde, si confronta, combatte ed ha riscontri, ribadisce, non molla, così da offrirsi l’ opportunità di avviare dei cambiamenti e risultare soddisfatto qualunque sia il risultato, perché ciò che più risolleva è, comunque, aver fatto sentire la propria voce.
giorgio burdi
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