Ho 80 anni e da 50 credo di essere malato e di morire Una vita inutile dedicata alle malattie.
COS’È L’IPOCONDRIA?
La paura è una malattia
Cosa fa nascere il pensiero che il mio corpo generi qualcosa di “male”? L’idea di essere malata produce una serie di atteggiamenti volti ad indagare il mio corpo, percorrerlo, ossessivamente, con lo sguardo, il tatto, centimetro dopo centimetro per cercare quel che non va, trovare quel “danno”. Ma la sua origine è nell’animo.
Il mio corpo si ammala quando il mio pensiero si cura troppo degli altri e poco di me. Immagino quel “male” e quella solitudine trasposta nel mio corpo quando permetto gli altri di trasmettere di me un’immagine debole, fallibile e dunque volta alla disgregazione, alla rottura, alla malattia.
I rimproveri, la mancata stima, la mancata fiducia ci portano a rimproverarci, a non stimarci a non fidarci delle nostre stesse sensazioni, a non sentirci un tutt’uno , aggregato e stabile. Ci convinciamo di non “saper funzionare” e sentiamo la malattia crescere in noi, come unico modo possibile per giustificare la nostra incapacità di riuscita.
La percezione della mia “disgregazione” è sintomo del non essere all’altezza, del sentirmi “fuori luogo”, inadatto alle relazioni, al sostenere un’opinione, a gestire un conflitto, incapace di salvaguardare il mio spazio. Se non mi fido di me, non mi fido degli altri e il mio rapporto con l’esterno matematicamente fallisce e insieme fallisce il rapporto con il mio corpo.
Mi sento in disordine e questo genera la paura di sbagliare e di ammalarsi. Se credo di non meritare “cura”, attenzione, rispetto sentirò la malattia crescere, prendere possesso del mio corpo e soprattutto dei miei pensieri. Avrò paura di me.
La “malattia” è “l’alterità” (l’altro da me che percepisco come estraneo). Quando riesco a ponderare il rapporto tra la mia identità e l’estraneità mi faccio del bene, il diverso da me diventa nocivo quando nella relazione che pongo con questo ho il mancato riconoscimento di me. La mia individuazione è la mia volontà. La mia mancata individuazione conduce a relazioni dannose in cui mi lascio scivolare perché perdo la capacità di valutazione, mi faccio assorbire come cosa neutra.
Diversamente il rapporto con l’altro diventa accrescitivo quando mi riconosco. Quando tengo fede al mio senso. Se perdo senso mi ammalo. Gli altri avranno rispetto di me solo se avrò senso (che è a sua volta il rispetto profondo delle mie sensazioni). Solo così potrò cominciare a riporre fiducia negli altri, questo mi condurrà alla perdita della paura, alla perdita del controllo (come informazione ossessiva sui miei stati fisici); perché se non mi amo, non avrò cura di me, e avrò paura (del mio corpo e degli altri) e facilmente qualcosa potrà farmi del male. Se mi amo, avrò cura di me, muterò la paura in prudenza, e sarà più facile riconoscere quel che è bene per me.
Sara
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