Ho imparato ad ascoltarmi proprio quando nessuno mi ascoltava
Lettera alla mia coscienza
Mia cara coscienza, tu mi ricordi di essere un uomo e a volte molto meno, ma tutto quello che io sono, è molto complesso per me capirlo, perché sono un essere umano.
Ricordo da bambino, furibondi litigi e percosse tra i miei, a due anni che piangevo solo sotto un tavolo, ero invisibile, come lo ero in classe quando il mio maestro mi prendeva per i capelli e imprecava che ero inutile.
Ero invisibile a tredici, quando sono scappato via per tre giorni col treno sul primo binario, e a 17 anni, quando il mio prof che spiegava la matematica in barese, mi ha bollato, perché ero un “terrorista”, ma rappresentavo l’ istituto, mentre i miei continuavano a darsele per me, sono andato via lontano per due anni con un missionario sognatore.
Cento esami e a botta di vendemmie ed autostop, notti insonne e sol leone a divorare pagine e occhiali, graduatorie mistificate, ho sempre aborrito raccomandazioni .
La mia rabbia governava, ma non ho ho mai smesso di amare, cercavo di capire gli altri, e poco me stesso, ho imparato ad ascoltare tanto e a prendermene cura, ho tentato di insegnar loro sempre ad essere se stessi, e a battersi per le proprie follie, forse anche per le mie stesse incomprensioni e follie subite.
Mi son sempre chiesto quale fosse il labile confine tra il bene e il male, ma ho sempre fatto in modo che il primo prevalesse. Ho rinunciato a posizioni, mi sono lasciato usare, non ho quasi mai odiato nessuno, ed ho imparato a dire la mia e a battermi con fatica per essa.
Ho scoperto molte volte di essere tradito, ma seguivano solo la loro strada, senza permessi, e per molto tempo ho spesso subito le strade altrui.
Cara coscienza, non ho mai scelto target, griffe o convenzioni o consensi sociali, ho lottato sempre contro il consueto, l’ obsoleto e lo scontato, e il non detto, ho fatto del dialogo e la parola il mio skipper, ho imparato a non tacere ad urlare, a remare contro, ad essere sempre contro corrente quando non poteva essere, seguendo non chi litiga e consiglia, ma chi tace e non ha parole.
Ho imparato ad ascoltarmi proprio quando nessuno mi ascoltava, a seguire sempre la mia stella, il mio faro e con coraggio e tempra non mi sono mai mai e poi mai arreso, con le ginocchia sempre sbucciate, mi sono rialzato, prendendomi per mano, proprio quando non c’era mai la mano Tesa di alcuno, e mi son rimesso con fatica sempre in piedi e con grinta in cammino.
Ho scoperto che molte scelte si fanno e si può amare solo per coraggio e molte altre solo per paura, e se la paura lascia traumi, è solo per sfinimento, come il buio della notte ti fa cadere e sbattere i fianchi alle pareti in incidenti domestici.
Ho cercato sempre il bene, ho lottato per esso, ho fatto molto del bene agli altri per istinto e convinzione, ma ho imparato che il bene proprio è anche importante, a volte può essere un compromesso e in quelle volte fa il male altrui.
Mia cara coscienza, quanti ne ho risolti, accuditi custoditi, protetti, ma restavo trasparente ed ora non faccio più caso, non mi interessa tanto, se ero o no una stampella, fino a quando ho lasciato il mio ruolo, la mia mano, ho anche lasciato, per ricordarmi e ricordare che esistono ed esisto.
Mia cara coscienza, ho chiesto poco alla vita, ma ho preso tanto, ho preso poco dai tanti che non mi hanno veduto, ho preso tanto dai quei pochi per i quali ero per loro un assoluto.
Ciò che la mia coscienza mi rimprovera, ed è un fottuto paradosso, è che a volte ho dato molto a chi mi ha dato molto poco, ed ho dato molto meno, a chi mi ha dato davvero tutto, forse perché non mi aspettavo ormai più nulla.
Chiedo perdono per i miei bui, a quei tali ai quali sono risultato un ingrato, un pazzo, non in grado di farcela, un indegno, un vigliacco, uno stronzo non voluto, d’ aver dato l’ impressione di voltar loro le spalle, ma ci ho sempre messo l’ anima, ho sempre amato, ma ho imparato anche, ahimè, a non condividere e me ne rammarico, sarà perché dalla vita ho imparato a difendermi, a sopravvivere, a sapermela cavare da solo e a trovare sempre soluzioni, ma questo può essere in poche circostanze, solo un grosso difetto e una desolante e ormai deludente giustificazione,
e che non mi chiedano perdono, ma piuttosto scusa, perché sicuramente io l’ ho permesso , tutti coloro che non hanno mai fatto caso del tempo e della mia vita loro dedicata.
Pur avendo lottato e sofferto tanto, tanti mi hanno invidiato, con me sono sempre in discussione, si ha sempre la sensazione di essere spesso in sospeso e di volersi di continuo riconciliare con la vita.
giorgio burdi
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