I valori ci fanno sopravvivere.
il vero valore è essere se stessi.
Sinceramente so che il Bene non dipende dalle istituzionalizzazioni dei rapporti, dai valori definiti e condivisi dal mondo, da convenzioni e convinzioni architettate tali da rendere apparenti sicurezze, ma dal bene propulsore che il presente ci regala naturalmente sempre.
Ci aggrappiamo a condivisioni di moralismi e atteggiamenti di vita rassicuranti, per evitare la solitudine, diveniamo eserciti di insicuri bisognosi del senso di una vita comuni per fuggire il disagio di sentirci unici e soli sotto l’egemonia di comandanti morali che ledono l’identità personale a vantaggio di una omogenizzazione e massificazione sociale.
Diciamo spesso, si fa così e basta, perché la gran parte condividono tali valori, anche se tali valori mettono in gabbia il soggetto ed in una non condizione di vitalità.
La famiglia e le istituzioni rappresentano il nostro credo. Ma credere in quali valori, in una famiglia che possiede la licenza elementare, ma anche la laurea, sono davvero esse i depositari dei valori ?
Il conformarsi e l’accettare condizioni di vita perché “bisogna fare così”, rappresenta il precursore delle malattie nervose e psicosomatiche.
Il corpo lancia delle reazioni e dei segnali di bisogni di liberazione attraverso i sintomi, la mente, contenitore di convinzioni, imprigiona, fustiga e castiga, perché, mente sulle verità che il corpo impone attraverso i suoi dolori proclamatori indiscutibile di verità.
Una guerra dentro, tra verità e finzionI, tra il numero uno e il numero due, il corpo riflesso, sede dell’ istinto naturale di vita e di sopravvivenza, indica la strada maestra, ha i piedi per terra, avverte i profumi e i desideri, la mente è L’ aria fritta, l’ aria celi, i piedi per aria, vive nell’ iperuranio, sulle nuvole di questo aereo, si arrampica sugli specchi delle malattie, avverte i dolori e le paure di non essere omologato.
Noi siamo il valore, il bene assoluto, chi dà valore a se stesso, si emancipa dallo scontato, avverte se stesso come Unico e cresce in maturità ed autostima, si distingue, si domanda sempre, come un bambino il perché delle cose. Mette in discussione gli assoluti familiari e sociali, perché riconosce in se stesso i suoi assoluti, che non vuole insegnare a chiunque ma rappresentano una opportunità di emancipazione, se condivisi.
Ciò che sembrerebbe un nichilismo, invece è la strada verso l’uomo, non verso la sua omologazione e carcerazione, perché ogni uomo potrebbe essere un dono per la sua comunità se si lasciasse alla sua potenzialità, ma certe volte le potenzialità fanno paura alla comunica che lo deve ridefinire e redarguire.
Saremmo tutti migliori se avessimo più spazio per le idee e le sensazioni proprie e di tutti. Diversamente concepiremmo una dittatura, un partito politico o una setta, ma le sette apparentemente rendono sicuri e meno soli come la superstizione.
Posso essere io l’assoluto di me stesso ? O solo gli altri sono la verità da inseguire ? È condiviso che ognuno non può essere verità per se stesso, solo le famiglie, i gruppi sociali, il mondo avrebbero questo privilegio e sarebbero i nostri saggi, ed io invece un uomo piccolo uomo, un difetto, un non pensante, un deficiente ?
Quanta povertà non poter credere in se stessi, non poter uscire dall’ ombra, seguire la mandria, apparentemente rassicurante, ma in realtà, depersonalizza, col rinnegamento di se, si ammala chi si affida ai valori altrui, si adagia, forvia, è ossessionato, annega sé nelle ansie, sprofonda nel timore di sbagliare, di uscire dal range, non si muove mai, è inibito, frena sempre, va a singhiozzo, non parte, muore tre volte, prima dentro, invecchia, poi fuori.
È preferibile “errare”, aldilà dei canoni dei saggi, pur di avere in mano la propria vita, seguire il valore che si È, che il mondo vorrebbe gestire, censurandolo e schiacciandolo a se, nella consapevolezza che l’uomo, nella sua singolarità ed individualità è assoluto, ognuno è assoluto, se lasciato respirare.
giorgio burdi
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