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Chiacchiere
Chiacchiere
Le chiacchiere sono leggerezza, nuvole, desiderio di ossigeno e di respiro, di volare sempre in alto, di cambiare, ti staccano la spina una gran voglia di andare in standby; esse sono la pausa e la vacanza, la merenda e la ricreazione, il picnic, il tiro al pallone e la passeggiata nel bosco, il bagnasciuga e la sdraio sotto l’ ombrellone mentre mangi una fetta di anguria ghiacciata.
Le chiacchiere sono tutte quelle cose inutili, frivole che non devi riordinare, che ti sbracano e ti lasciano andare, che ti cambiano la vita; sono le mille paia di scarpe o un solo tacco a spillo, cento profumi, un fondo tinta, il fard, il rossetto, i mille colori di uno smalto. Le chiacchiere danno il senso alla vita, che sarebbe pesante come un masso. La vita non è seria, senza le chiacchiere, perché la vita stessa non è seria, perché ha il suo tempo, finisce, è fugace ed aleatoria.
Le chiacchiere sono sobrietà, ti fanno fare a meno anche dell’ essenziale, perché se sei povero non ti fa pensare, se sei ricco, non sai che fartene, se stai bene, ti fanno stare meglio e se soffri, ti tirano su.
Se mangi chiacchiere, sogni e se le realizzi non sogni più, hai solo bisogno ancora di tante altre. Chi sogna, non perde tempo e fa chiacciera, perché essa ti distacca da tutto, spiana la strada, ti fa andare oltre, ti sprona, raccoglie i frutti e notizie utili per proseguire.
La chiacchiera ti fa ridere, è una comica, ti fa scherzare ed insultare, senza risentirne, abbatte le barriere,
ti accorcia le distanze, i confini, ti fa toccare, baciare, abbracciare, prendere le pacche sulle spalle, ti fa voler bene e sentir bene, ti rende simpatico, ti fa brindare con dei calici fruttati al nero di Troia. La chiacchiera è godereccia. È un dolce frollo per conversare, è una farfalla che non pensa.
Le chiacchiere sono come le foglie al vento, che fanno poesia, cadono per fare il tappeto dell’ autunno, sono un fiume in piena, creano corrente e profumi d’ acqua, trascinano scorze d’ albero pietre e tronchi, sono una ragnatela, intricata di pettegolezzi, storie amene e racconti di una fiaba.
Esse sono scintille, che attraverso un soffio accendono la curiosità, coinvolgono e aggregano, sono un arcobaleno che colorano fino allo sfinimento la giornata, con racconti ripetuti fino allo spasmo, all’ esaurimento della risata, attraverso continue analisi differenti.
Sono come un labirinto, nel quale smarrirsi senza logica e all’ avventura senza volerne uscire, se sono molestie, sono un mare di parole, in cui è facile affogare, se non si sa nuotare. Sono un fuoco d’artificio, brillano per un istante e poi svaniscono nel nulla, sono una festa che dura il tempo che trova, è effimera, inutile, ma è tutto ciò che resta .
Le chiacchiere sono un giardino in fiore, dove ogni parola è una spina o un petalo che fanno un bel prato, sono una danza, un flusso di movimenti che delineano l’ armonia di geometrie circolari, è la grazia della sensualità dei veli che accarezzano la pelle e l’ aria. Sono una corrente d’aria che passa tra i capelli, tra le stanze afose, mentre sei seduto su un gradino di travertino mentre mangi un gelato. Chi fa chiacchiera, consuma, non è avaro, è una cicala che sa essere una formica.
La chiacchiera è come il fumo dell’ antico toscano, lascia il profumo e la scia, la luce la rende nuvola sfiora ed avvolge; è un fuoco di paglia, una vampata di luce, un calore che diventa cenere. Sono come la schiuma per la barba, ammorbidisce, decongestiona e scompare se la radi; è la spuma della birra nel boccale, se non ci fosse non sarebbe festa; è la schiuma di mare che ti schizza sulla pelle; sono le bolle di sapone, magiche, gonfie, brillanti per un istante che ti fanno sentir bambino per istante e poi scoppiano.
La vita sarebbe una chiacchera, se non ci fossero chiacchiere e chi non chiacchiera è triste e pallido, non è una persona seria.
giorgio burdi
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Relazioni Takeaway
“La Riserva in panchina “
Le Relazioni takeaway
Esistono relazioni in cui non si è considerati come priorità, ma nascondono, opzioni finalizzate, accessori atti al raggiungimento di bisogni e scopi più reconditi ,occultati, finalizzati ad una rapida consumazione dell’ altro.
Relazioni takeaway, fatte di cibo succulento, buono da impastare con la sua saliva, degustarlo con la lingua, digerito con lo stomaco attraverso i propri succhi gastrici e poi espulso ed allontanato, attraverso una cascata di acqua, per lavarne il putrido ricordo.
Sono le relazioni in cui uno dei due soggetti pone l’ altro in un limbo, in una estenuante e reiterata dolorosa sensazione di continua attesa, alle volte per anni ed anni in standby, sempre con tanta poca chiarezza e molta ambiguità.
L’ altro, un giocattolo, un giocatore in panchina, una riserva senza possibilità di carriera, un rimpiazzo occasionale, un fermo biologico, in attesa che l altro nel frattempo esplori altre possibilità, che termini di giocare con opzioni più convenienti e disponibili e per poi rientrare in gioco e ricontattare la riserva in panchina quando sarà utile, riprende la giostra. Il gioco dell’ oca riparte, un giro giro tondo senza fine, come con oggetti consumabili sporcati e cestinati.
Per riconoscere chi mette in panchina, si necessita di una lente d ‘ ingrandimento attraverso la quale leggere i segnali devastanti e che permettono di prendere una posizione per se stessi . La sensazione e’ sempre quella di non essere mai la prima scelta, le esigenze e i sentimenti provati hanno poca importanza.
Le comunicazioni si fanno sporadiche, e quando riappaiono, trovano il tempo che trovano, hanno il tempo contato, arrivano sempre allo stesso punto, si ritrovano solo finalizzate sulle necessità e sulle convenienze dell ‘ altro, fondate sempre sui soliti bassi bisogni personali. Messaggi e desideri di vedersi diventano opzioni possibili e strumentali solo qualora esista un’ alternativa più appetitosa tutta da gustare.
L’ attesa all ‘ interno di questa dinamica, provoca, per chi rimane in panchina, un costante stato di frustrazione e insicurezza , di inadeguatezza profonda, tali da portare a dubitare del valore di se, a vantaggio di una relazione, che altro non può essere, se non la la mercificazione di “ Se”.
Chi mette in panchina, vive di traumi e non lo sa, ha una madre che tradisce il proprio padre, e il figlio sa. Di conseguenza non ci sarà donna che non rimarrà in attesa e che verrà sistematicamente tradita, tutte le donne conosciute, verranno tradite con altre donne, come rivalsa contro la prima donna, la “ madre”. Ciò comporterà un ripudio nei riguardi della propria moglie, non toccata e ritenuta illibata, al fine di recuperare una madre perduta.
Colui che ti mette in panchina, vive una problematica di tipo bipolare nel senso della stabilita- instabilità, sicurezza – insicurezza, fatua presenza – perenne assenza, paura ad assumere un impegno in coppia , unita alla necessità di mantenere aperte situazioni e opzioni con cui attuare il gioco della giostra senza fine, illudendosi della propria onnipotenza .
Chi rimane in panchina deve trovare la forza di rivendicare , reclamare il rispetto, il diritto alla propria dignità , perché tutti siamo titolari e certe relazioni impostate a servizio dei bassi bisogni altrui, lasciano la sensazione di essere carta da bagno, il tempo di un fazzoletto, sempre ultimi a loro.
Per uscirne da certe sottomissioni deve essere ritrovata la piena consapevolezza di certe dinamiche all’ interno delle quali ci si imprigiona . La piena consapevolezza alloggia all interno della rabbia per aver permesso, a determinati mercenari, di averli fatti insinuare tra i nostri pensieri, di aver permesso loro di comprarci e velocemente venderci, attraverso l’ inganno e l’ astuzia di un trucio commerciante.
Il contatto con la propria rabbia, porta alla rivendicazione e alla rivalutazione della dignità di se stessi, del proprio valore e della propria autostima e ciò può essere raggiunta attraverso una comunicazione rivendicativa chiara e diretta del sé, verso la persona interessata, attraverso la quale stabilire i limiti, i confini o la rottura con certe relazioni profilattiche.
angela ciulla
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Spacca
“ Spacca “
Inno all’ Uomo
Spacca gli argini
Le grate
Le prigioni
Gli steccati
I rotoli di ferro spinato
Tutto ciò che è
dogma
Perché il dogma è una tortura, una vergogna
Esso è ombra, è una trappola, una tana, è tetro
è l’ origine del male
del comando, della sottomissione.
è un diktat, Ci Rende automi
Incantati nel vuoto
Idioti decorticati
Soldati in fila
Spacca l’ ignoranza
La miseria, la meschinità
il predominio
Il pre-giudizio, gli stereotipi
Dettati solo da un altro tuo pari,
Tutti si fanno santoni, anziani
Profeti e patriarchi
Rappresentanti di atee religioni
Bada all’ essenza
ai tuoi fondamentali
Ai tuoi valori, non a quelli di chiunque
Spacca Tutto ciò che ti opprime il petto.
ti toglie l’ aria
Ti mette un cappio al collo
Che ti mette all’ angolo,
che ti fa indossare il velo
Che ti ricatti
Che ti punti il dito e ti accusi
Che popolarmente ti processi
Che si accasci sulle tue spalle
Perché la libertà è sacra
Un libero filo d’ erba
Spacca il cemento,
Spacca il gregge e
Il tuo essere pecora
Spacca Il bisogno
Di lasciarti guidare
di appartenere ad un leader,
Al tuo capo
Al suo potere e di obbedire,
Di maltrattarti, di usare il tuo tempo
di manipolarti
Di volerti spiegare la vita
Con la sua disumana arroganza
Di essere verità assoluta,
Balsamo per le tue
incertezze, creme per le tue insicurezze
Per i tuoi dolori e le tue ferite
Smettila di compiacerli
Spacca il tuo timore reverenziale
I tuoi sensi di colpa e le tue paure
Che ti fanno appartenere,
Ascoltati, risolviti
Promuoviti
Amati,
apprezzati
Svincolati
dalle mani dei guru
Ribellati
fa paura alla paura.
La libertà è una poesia, è sacra
E non la compri
non ha costi
Non ha legami.
di nessun genere
nemmeno dall’ amore.
e te la prendi tutta
senza alcun permesso
Stacca, se spacchi
L’ amore non ha catene
ne possessi
Non ha confini, ne obblighi
Ne moralismi
Questa Non è una proclamazione
dell’ individualismo,
Ma è un inno all’ Uomo
Alla sua intelligenza
Alla sua scienza
alla sua coscienza
Alla sua umanità
Al suo essere laico
Alla sua santità, al suo rispetto
i dogmi lo rendono stupido e severo
Controllato, non pensante, mandria, dittatore, autarchico, politico o religioso, non credente lo rendono bestia, essi sono la causa
primaria delle guerre,
Sei l’unica casa che c’è
L’ assoluta certezza, che esisti
Senza di te non c’è nulla
E non c’è piu alcuna sicurezza,
Se decidi di esistere
Vai in azione, in attaco
difendi la tua natura
Ti rendi sicuro
se Esci dall’ inerzia, dall’ ipocrisia
Dalla passività
Di essere un obbediente,
ritorni a casa
Se ritorni da Te,
Fa fuori i tuoi registi
Decidi tu il tuo film
Spacca tutto ciò che ti tiene al collare
ciò che ti recinta
Tutto ciò che non è nella tua logica
Nel tuo intelletto
Nella tua sentire
Nella tua pancia
Tu sei l’ immenso,
sei più dell infinito
Più del cielo, più e dell’ orizzonte,
Tu sei più del sole,
Perché tutto ciò.
senza di te.
non potresti mai apprezzarli
tutto ciò è casa tua
Sei casa, nella casa
Ed una casa non ha senso
Senza colui che la abiti
Sarebbe vuota, spoglia, monca e morta
Perché tu sei il loro governatore
Il centro di tutto il cosmo
Perché esso sarebbe un deserto
Disabitato, se tu non ci fossi
Perché tu sei l’ Uomo,
il centro di ogni spazio
Se c’è il tuo rispetto
C’è il rispetto per Dio
Di tutta la natura che ci circonda,
con il tuo rispetto
La vita sarebbe vita, un gioco, una vacanza
Il rispetto per il dogma,
È il rispetto per la sofferenza,
per la guerra, per la morte
E per la fine del mondo
giorgio burdi
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Il Sintomo è Salute
Il Sintomo è Salute
Il nostro sistema nervoso centrale lo possiamo rappresentare come un insieme di apparati sincroni, determinanti in assoluto la nostra vita, la nostra funzionalità organica e il funzionamento della fabbrica della nostra mente e dei nostri pensieri.
Tra mente e corpo esiste una profonda e perfetta sinergia una sincronicità e linearità, che è inopportuno e scientifico non considerarli mai scissi, a se stanti e divisi; dovremmo evitare e smetterla di pensarli, all’ interno della cultura medica, come fratturati e in una loro dualità.
Questa errata visione della dualità, determina non pochi problemi di natura scientifica, essa depista, crea notevoli fraintesi e problemi in termini di definizioni sintomatiche e diagnostiche. La comunità scientifica ha il compito e il dovere di considerare la persona nella sua interezza, non a segmenti. Un medico non puó prescindere dall’ umanità di ogni soggetto, come uno psicoterapeuta non può omettere la sua organicità. Se alle volte la distinzione si rende necessaria, è solo per definire fenomeni differenti, che vanno riportati però sempre nel suo insieme.
Nella realtà il corpo è la mente e la mente è lo stesso identico corpo, la mente è la mente del corpo, ed il corpo è il corpo della mente; non può esistere la mente senza i suoi neuroni, così come non può esistere un corpo senza la sua anima, tutto sarebbe un feretro, materia inerte; nello stesso modo non esiste il sesso, il polmone,
il cuore il cervello, ma esiste esclusivamente l’ entità Uomo e non sono gli organi che definiscono l’ uomo, ma è quest’ultimo è costituito da essi nello stesso modo in cui non è il carburatore che definisce un’ auto, ma è l’ auto che da senso all’ esistenza di esso.
Gran parte dei sintomi e dei disturbi mentali indicati nel DSM 5, trovano prevalentemente la loro origine e la loro sede, all’ interno dei conflitti e dei traumi subiti nelle relazioni umane, si replicano e persistono all’ interno della memoria che conserviamo, nello stesso modo in cui ogni cellula del nostro corpo memorizza la storia traumatica o serena che abbiamo.
Desideriamo parlare della mente, nello stesso modo in cui parliamo della corporeità, delle cellule e degli organi. Pertanto ogni conflitto emotivo o mal funzionamento cellulare, appartengono necessariamente ad una stessa integrità.
La memoria è il contenitore dei nostri sintomi, dei traumi e dei nostri piaceri; in particolare, la memoria del passato rende il presente e la la percezione del futuro, piacevole o frustante; ogni presente viene filtrato attraverso la griglia della memoria, si pone come un filtro che distorce la nuova realtà in un qualcosa di già accaduto.
Vivere un presente soddisfacente, è una necessità perché tutto diventa memoria. La memoria funge da deposito, da cassa panca in soffitta, da sotto cantina e nostro sotto bosco. Noi siamo la prima casa con i suoi depositi e riserve. Con la nostra memoria siamo in grado di rivedere, tutta l’ ‘attualità , come antico e già vissuto, pur non avendolo mai visto prima. La memoria, in tal senso, è una grande trappola.
Prevalentemente ragioniamo attraverso preconcetti e visioni critiche ed antiche della nostra vita, anche lì dove si presentano situazioni innovative, siamo in grado di rovinare ogni opportunità che abbia un certo fascino, ricca di risorse. Hanno grande responsabilità, gli stereotipi, le convenzioni, i moralismi con i relativi fanatismi, i “valori”, i dogmi e le convinzioni, essi non ci permettono l’ emancipazione, di poter apprezzare le novità e il bello nella vita, considerata pericolosa, spiacevole perché assimilata al passato o corrotta dalle visioni altrui.
Ogni disfunzione o sintomo, ha per sua natura un enorme potenziale di vitalità, anche se la percezione è esattamente contraria, di fastidio, il sintomo è la ribellione ed un cattivo funzionamento, ad un corpo estraneo, ad un fuori misura, al caos, è un sos per un pericolo impellente. Il sintomo è così talmente vitale, che senza di esso non sarebbe possibile continuare a vivere, rappresenta una richiesta di aiuto e di intervento a vantaggio della salute e della vita.
Qualsiasi sintomo è enormemente vitale, si presenta come un sistema d’ allarme, una ribellione contro un tentativo di disorganizzazione, di malattia o di morte, e si manifesta attraverso un fastidio un disturbo attraverso il dolore. I sintomi evidenziano la necessità dell’ organismo di riportare l’ armonia.
Il Disturbo e il dolore rappresentano i nostri commensali fastidiosi ed odiosi, ma anche i nostri più cari amici, nel caso non fossimo ipocondriaci, essi ottemperano alla nostra salute, senza di essi, non potremmo venire a capo di una malattia, sono le spie sul cruscotto della complessa macchina umana, senza i quali verremmo condannati ad un black out, ad un crash, ad una strada senza ritorno.
Originariamente il sintomo nella sua insorgenza, può possedere una variegata sensibilità che va dal prurito al bruciore, fino al dolore, da un disturbo passeggero ad un disturbo medio, acuto, cronico ad alto potenziale dolorifico ingestibile, da richiedere l’ utilizzo di anti dolorifici particolari come la morfina.
Per quanto il sintomo possa essere considerato un demone malefico, per la sua insorgenza e manifestazione, rappresenta invece la più elevata forma di pulsione verso la vita che rivendica il diritto ad una decente esistenza. Il sintomo è vitale e serve a difende il nostro desiderio di esistere.
Ognuno di noi possiede un regolatore centrale, detta soglia di sopportabilità del dolore. Essa viene prodotto dalla presenza di un potenziale tensivo, che va dalla semplice ipo sensibilità, fino a livelli più intensi insopportabili di dolore in caso di patologia grave. Ognuno di noi ha un livello più o meno di tolleranza al dolore. Solitamente nelle donne è più elevato che negli uomini.
Tra dolore mentale e fisiologico non esiste l’ uno più importante dell’ altro, se il disturbo è fisiologico, inevitabilmente la mente urla la propria liberazione, se il conflitto emotivo diviene persistente, i valori psicodiagnostici, vengono rilevati in cartella clinica e sballano le frequenze biologiche.
Pertanto non esiste un sintomo o una malattia dell’ organo ed una mentale, i sintomi parlano di noi, della nostra interezza e globalità, parlano di certe eventuali cause di attacco contro di noi. Il sintomo va ascoltato, non sottovalutato, perché è il nostro salva vita.
giorgio burdi
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Il Desiderio
Il Desiderio
Il desiderio, si pone come il motore primo delle motivazioni umane. Tutte le progettualità e le azioni umane vengono mosse da esso. Il desiderio si muove attraverso una modalità del tutto involontaria allo scopp di raggiungere un obiettivo. Tutti abbiamo la necessità di relazionare gli uni con gli altri, partendo da scopi differenti, veniamo benevolmente o maleficamente mossi da un principio di opportunismo . Il desiderio nasconde comunque sempre un sottobosco di opportunismo.
Veniamo movimentati da diversi tipi di desideri, da quello estetico, vincolato alla bellezza, all’ arte di apparire ed esistere, a quello emozionale, a quelli legati ai nostri cinque sensi, a quello sessuale. Tutti i desideri, ed in particolare modo quest’ ultimo, si pongono come una profonda necessità per esorcizzare e superare il dolore, il conflitto, la fatica di vivere, la morte.
Tutti abbiamo un continuo diritto nel realizzare i desideri, anche attraverso il bisogno di rassicurazione e di conforto tanto da rifuggire nelle fantasie o in determinate relazioni come fossero un eden, un paradiso, dove pretendere il sereno, la tranquillità, attraverso la “messa a nudo” di noi stessi la leggerezza per far sostare le proprie fatiche; abbiamo tutti bisogno di adagiarci e stenderci tra le braccia di qualcuno che non ci giudichi e ci accarezzi soltanto.
La frenetica routine quotidiana, il correre e il rincorrere, annientano il desiderio, la sua soddisfazione è gioia, esso è lentezza, percezione ed immersione nelle pacatezze, è lasciarsi andare, tracimati oltre il proprio scontato territorio, è smettere di condurre e controllare, ma lasciarsi portare, è un nuovo desiderato territorio dove non siamo mai stati o faremmo fatica ad essere.
Il desiderio è il contrario della paura, se esiste l’ uno non può esistere l’altra, l’ uno può solo sostituire l’ altra. Chi non desidera soffrire di paure, deve imparare a desiderare. La paura controlla, il desiderio no, il controllo produce stress e fatica, perché monitora, è pensieroso, calcola, accumula,progetta, il desiderio è contemplazione, estasi e abbandono, è orgasmo. Per sua definizione l’ orgasmo è il punto più elevato del rilassamento.
Con esso, c’è aria fresca di mare o di montagna, si vola, non si fa fatica ad esistere, il desiderio pone una tregua dal dolore. È adagiarsi, mollare, è la resa delle tensioni e e delle contratture e lo scioglimento delle contratture e dei crampi delle guerre quotidiane è lasciarsi andare nel vento sulle onde del mare.
Il desiderio soddisfatto è una felicità a tempo, una pausa tra due tensioni, uno stacco ed una ribellione rispetto al tempo che impone, rispetto all’ invecchiamento, il desiderio reciproco rappresenta una tregua ed un divincolarsi rispetto alla trappola del dovere, degli obblighi e delle responsabilità dalle quali si rimane prigionieri. Desiderio e monotonia sono tra di loro incompatibili, quando predomina la monotonia, esploderà prima o poi il desiderio.
Senza il desiderio, non si potrebbero realizzare certe scelte fondamentali in modo soddisfacente: amare senza il desiderio per l’ altro, convivere o sposarsi per il dovere di farlo, vestirsi solo per coprirsi, acquistare una casa qualsiasi per viverci, consumare uno spaghetto bollito per riempirsi o studiare all’ università solo per dire di essere iscritti, fino a quando reggerebbe la salute ?
il desiderio è la risposta ribelle alle frustrazioni, prive di quelle serene e semplici gioie ludiche e, in presenza del desiderio, c’è la più elevata considerazione di sé e dell’ altro.
Il desiderio reciproco attiva la necessità di prolungarlo ad oltranza, per un periodo assai più lungo e per sempre, si ferma il tempo e nel tentativo di contemplare quel paradiso che rende vicini all’ eterno.
Il desiderio reciproco è una bestemmia contro la noia, contro la morte e la consuetudine, contro tutto ciò di cui la gente si accontenta, è contro tutto ciò che non si deve fare, permettere o pensare.
Il desiderio reciproco è una tregua ed una ribellione contro la tragedia di una memoria di sofferenze, di stanchezze e di doveri, con la quale si è condannati a convivere . Quando diciamo che abbiamo voglia, in realtà affermiamo la nostra supremazia al diritto di gioire e il nostro diritto e la voglia di esistere.
giorgio burdi
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No Influencer
No Influencer
Siamo tutti in guerra, ma cosa mai sarà una mancanza di rispetto nei diversi gesti quotidiani? Se la guerra convive con tutti noi, ci stiamo abituando ad essere tutti soldati. Essa ci sta cambiando i connotati, la percezione di essere umano come un essere mostruoso, ci conduce a difenderci dal mondo, a diffidare di tutti, ci predispone a restare in difesa, propensi al facile attacco, suscettibili ed irascibili, la guerra ci obbliga ad armare la vita quotidiana.
Se nella cultura della guerra è lecito il saccheggio, nella quotidianità sarà d’obbligo il furto, la cleptomania, il rubare o il disporre della nostra vita. La percezione dell’uomo del 2000 è quella di un invadente, di un invasore di un barbaro saccheggiatore senza ritegno.
Stiamo riuscendo a non farci più caso, la guerra sta diventando la nostra consuetudine e la nostra massima “Influencer” col suo reiterato bollettino di guerra. Il concetto di “Influencer” è diventato del tutto naturale ed accettato, per certi movimenti è del tutto regolare influenzare, manipolare e convincere. Tutto passa sotto una cultura commerciale, del non pensare, subiamo attraverso i social mitragliate subliminali di bisogni continui che terminano in shopping compulsivi che ingombrano la nostra testa e riempiono le nostre case di tanti oggetti riempitivi di vuoti esistenziali. Stiamo diventando un gregge per il quale sembra plausibile anche creare facoltà universitarie in “Influencer”, tale da poter targettizzare eserciti su misura, eserciti di soldati decerebellati, obbedienti, al servizio di una qual si voglia idiozia.
Stiamo crescendo nell’ involuzione, dall’ Homo Sapiens all’ Homo Demens. La Gran maggioranza dei social viaggiano sempre più verso la globalizzazione, l’influenza, con eserciti di messi in riga, pecore di followers, di YouTuber, automi incantati nello scroller, formiamo avatar, robot dall’ IA, tutti in riga, eserciti di soldati, decorticati, privati della propria volontà; l’intelligente non farà mai cassa né massa, siamo all’interno di un regime, quello del gregge, del pastore e dei cani da guardia.
L’ “Influencer”, per sua definizione, ha la connaturalità del manipolatore, dell’ invasore indiscreto, che deve insinuarsi nella mente, del persuasore subliminale occulto, del profanatore ed invasore delle coscienze, quello delle fakes, degli invadenti, che ti mettono in fila tra milioni di followers. Si Identica esattamente agli autocratici delle guerre, degli invasori.Ogni epoca ci ripropone sistematicamente, con una tradizione quasi secolare, il sociopatico di turno, un nuovo pastore del male, clonato, per condurre le ennesime flotte di “animali” al macello. In questa condizione cosa mai sarà lanciare immondizia dal finestrino, spaccare bottiglie per strada, correre come un coyote, affittare una Lamborghini e filmare la morte in diretta, per postare come YouTuber: cosa mai sarà farsi in ogni dove o un pusher che vende spazzatura per far soldi facili come un “Influencer”, tutti ispirati a Paperon de Paperoni, mercenari che in forme e nomi diversi entrano in casa per saccheggiare i nostri principi, se sommato, siamo in guerra !
Il male più esasperante che viviamo, è quello di subire le volontà di alcuni dei singoli narcisisti benigni o maligni che siano, senza avere l’opportunità di difenderci e ribellarci. Chi non si ribella è già stato fagocitato dal gregge. Siamo all’interno di una vera sabbia module di dittatura. Chi influenza le masse è irrispettoso è un sociopatico in frack di diverso livello, costruiscono i loro modellini e si infiltrano come dei gas nervini nelle nostre vite . Esistono sociopatici fintanto che sarà facile costituire dei greggi. Siamo bisognosi di punti di riferimento, di leadership e di governi e ci ribelliamo così tanto poco che alla fine meritiamo il loro comando. L’uomo per sua natura cerca sempre un suo comandante al quale genuflettersi per ottenere i suoi benefit, tutto ciò accadrà di continuo fino a quando non si risveglierà la coscienza e la consapevolezza di ciò che ci accade.
L’uomo consapevole per sua natura è un ribelle. Ragiona con la propria intelligenza, ed agisce col proprio sentire a vantaggio di sé e degli altri, impara ad essere punto di riferimento per sé stesso innanzitutto. Non accetta alcuna forma di manipolazione, schiva e resta indignato per tutto ciò che è futile ed imposto in modo subdolo, non ammette prevaricazioni, non si lascia mettere in fila dagli “Influencer”, combatte le autarchie e le supremazie, ogni forma di imposizione greve o diplomatica, contesta ed urla la propria libertà a tutti quei carini manipolatori seduttivi.
Come se non bastasse, stiamo diventando fieri, da farne anche delle università per creare “Influencer”, per insaccare masse di intelligenze, per poi creare dei filoni di salami. Università per decorticare le nostre unicità, massificare per dirigere. Tutto ciò che è assurdo, sta passando per regolare.
Ci stiamo sempre più orientando verso la ricerca del massimo potere, del come aver sempre più successo, arrivare in prima pagina e possedere sempre più denaro in brevissimo tempo, secondo l’ accezione del tutto e subito, dove il sacrificio è spazzatura come poter toccare milioni di anime e asservirle a vantaggio del proprio utile. Ma non era proibita la schiavitù ? Siamo servi di un potere non tanto più occulto, ma lo siamo ancor di per il sol fatto che non ci facciamo più caso. La perdita del senso è la più grande miseria umana, infangata dall’ indifferenza, la vita privata, non possiede più una porta blindata che tenga fuori lo sciacallo.
Faccio un pieno di alcool, un chilo di erba o di sesso, scarico tinder, the casual lounger , scopa–amici, cupid o senzapudore, faccio uno spaccio, divento bulimico di incontri mordi e fuggi, take away, multi gusto, le prendo, vellutate, chiare, nere, bionde o rosse con lentiggini, la vita è un ipermercato, mi affitto un amico, lo metto nel carrello, ne metto più di uno, così poi faccio la prima scelta, anche se poi scelgo sempre quello più malato, e ne esco sempre massacrato; ma con il mondo con la guerra in testa, si potrà mai trovar pace, se la pace non la trovi dentro in te?
Allora me ne vado su in montagna, divento un tibetano, rimedio un breviario ed una coroncina, resto tra le nuvole, sul granito delle scalate; l’uomo è l’ inferno, preferisco isolarmi. Mi sono rotto le palle, ho voglia di silenzio, mi faccio di erba e medito, così mi fumo i pensieri, forse è meglio un acido, cosi mi brucio l’ angoscia o tanto meglio mi cracco l’ ansia o mi faccio un buco di pace. Mi faccio un pieno di roba, quanto più sento in me un vuoto grande quanto un cratere.
Relazioni take–away, cotte e mangiate consumate come tranci di pizza, pago, prendo e mordo, birra e scappo, il vetro sul marciapiede e giù un’ altra; ci trattiamo come dei consumabili, uso e getto, non è un colmo rimanere sempre insoddisfatti, è la cultura del sempre è colpa degli altri. Se togliamo la maschera, scopriamo che siamo tutti uguali e il potere a non ci da la vita, ma la vita è il potere più grande, è tutto ciò che può darci il senso.
Samo al limite della tolleranza. Le guerre convivono con la nostra quotidianità e convincono che la vita sia quella, esse stanno diventando la normalità e ci rendono indifferenti; tutto lo scempio in diretta sta diventando ammissibile. Nella cultura dell’ “Influencer”, la guerra ha l’influenza nel suo massimo delirio verso l’ irrispettosità più patologica. La nostra, la possiamo definire, l’epoca dei barbari, dell’ insubordinazione, dell’ assenza è del caos dei ruoli, del me ne fotto, del nichilismo e dell’ anarchia, della disumanizzazione, dell’ insensibilità globalizzata, è la sotto cultura della perdita del senso, dell’ io trasparente.
La disumanizzazione diventa la logica, acquisisce un suo “ordine” ed un suo progetto caotico, una sua disorganizzazione nel suo sistema, aggiungiamoci a tutto questo l’intelligenza artificiale, la robotica autonoma. Tutta la sensibilità umana viene relativizzata e pertanto un figlio depresso in casa, chi mai sarà ? Siamo chiusi in un isolamento dove non c’è parola che tenga, il silenzio la fa da maggiore dove esso coniuga le assenze.
È necessario il recupero del senso di sé e delle relazioni, della parola, della condivisione umana dei sentimenti, tipica dell’essere uomini, della cooperazione, delle collaborazioni, è necessario recuperare ciò che ci contraddistingue, l’affetto e la presenza, tutto ciò che possiamo apprendere dalla nostra natura e dal mondo degli animali, nostri esempi di vita, perché l’uomo, così, non è più un esempio né per noi, né per gli animali.
giorgio burdi
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La Lettera Terapia
Scrivere, conoscere e curare
Spesso ci sono ricordi che contaminano i nostri pensieri, che ci condannano a vivere nel passato influenzando inevitabilmente e negativamente il nostro presente. Pensieri, esperienze, vissuti che non riusciamo a raccontare a nessuno, sofferenze e dolori taciuti che echeggiano rimbombanti nella nostra mente.
Il vissuto di ognuno di noi non si può sicuramente cambiare, fa parte della nostra vita, tuttavia relazionarci ad esso con prospettive differenti può aiutarci a vivere i ricordi con stati d’animo diversi, a raggiungere una maggiore consapevolezza di quello che è stato e di noi stessi.
La scrittura può aiutarci ad acquietare i pensieri che ci tormentano, a rasserenare il nostro animo liberandoci pian piano dal dolore. Scrivere è terapeutico se diviene un atto di libertà attraverso l’introspezione e la riflessione. Si può scrivere una lettera a sé stessi, mettendosi a nudo, attraversare la propria interiorità fino a incontrare l’altro, il vero sé. Si può scrivere una lettera alla madre o al padre, gli affetti predominanti e determinanti della nostra vita, a un amico, a un famigliare o al nostro senso di colpa.
Scrivere di tutto quello che ci provoca sofferenza potrebbe inizialmente essere doloroso, triste e angosciante, ma sicuramente ci porterà giovamento. Scrivere richiede solo coraggio, non è importante soffermarsi alla forma, ma farlo in modo scorrevole, naturale; è importante mettersi a nudo, mettersi in discussione senza vergognarsi. Questo permetterà di concentrarsi su ogni passo, su ogni emozione provata ripercorrendo così passo dopo passo tutto quello che ci condiziona, che condiziona le nostre scelte, le nostre decisioni, le relazioni e il nostro umore quotidiano.
È fondamentale non mentire, non sentirsi in colpa nei e dei racconti. È importante parlare di tutto, delle rabbie, dei torti subiti, delle offese, delle mancanze, delle paure, dei rimorsi, dei sogni, dei desideri, dei rimpianti, di tutte quelle parole che per troppo tempo non sono state dette all’esterno, ma che si sono moltiplicate dentro soffocandoci, di tutto quello che molto spesso non osiamo raccontare ad alta voce.
Scrivere aiuta ad evitare che quelle sofferenze interne taciute si trasformino in malessere fisico. Permette di mettere in ordine i nostri pensieri, di fare chiarezza, di sciogliere nodi, sgrovigliare matasse, dissolvere sensi di colpa e superare traumi. Ci dà la possibilità di comprenderci a noi stessi, di discernere le scelte sbagliate da quelle giuste.
Scrivere sviscerando e analizzando interamente le nostre esperienze palesa schemi e meccanismi interiorizzati e riproposti nel tempo. Schemi comportamentali che abbiamo appreso nella famiglia di origine e che per modellamento riproponiamo inconsapevolmente nella nostra vita indipendentemente dal nostro atteggiamento nei lori confronti.
Scrivere aiuta a smascherare meccanismi e relazioni familiari che hanno plasmato la rappresentazione mentale di noi stessi e degli altri, regole implicite, valori, senso di identità e appartenenza, ruoli assegnati, copioni familiari che si ripropongono perfettamente nel tempo.
Scrivere aiuta a svelare pessimi copioni di sceneggiature familiari dove ci sono ruoli predefiniti di chi deve fare cosa e quando rispecchiando perfettamente aspettative già stabilite, copioni che prescrivono e dettano legge su come si deve vivere e che causano disagio e sofferenza.
La scrittura, attraverso le parole che scorrono incontrollabili, organizza le idee, i pensieri e le esperienze emozionali dandone un senso. La scrittura ci aiuta a tirare fuori, a non lasciare più spazio alle frustrazioni, ad accettare quello che è stato con la consapevolezza di non poterlo cambiare, ma con la voglia di cambiare la nostra vita senza ulteriori condizionamenti. Mette in risalto ciò che per abitudine siamo stati e ciò che vorremmo essere ma non siamo per paura del cambiamento o dell’opinione e del giudizio altrui.
Scrivere di sé aiuta anche ad accettarsi, perdonarsi e amarsi. È un valido anti stress, una forma di automedicazione e aiuto psicologico. La scrittura aiuta a darci una nuova immagine di noi stessi, proiettata al cambiamento e alla ricerca di autenticità. La scrittura deve essere intesa come un progetto concreto di cura.
Elisabetta Lazazzera
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Tradire
Tradire
Il verbo Tradire, trova origine dal latino tradere, intende il consegnarsi e consiste nel “mettersi nelle mani di, in una nuova realtà o situazione, cambiando e sostituendo l’ oggetto di gratificazione, attraverso un cambiamento di direzione, verso un auto affidamento e in una nuova dimensione, in cui l’ emozione, il significato del senso e l’accoglienza, la fanno da maggiore, esso viene rappresentato come l’ antidoto contro la sofferenza dell’ incomprensione, del controllo dell’ oppressione del dovere .
il verbo tradire, secondo la l’ interpretazione più comune, ha un accezione fondamentalmente moralistica, se volessimo utilizzare una modalità più laica, il tradimento dovremmo considerare come un cambio di direzione.
Secondo l’ accezione popolare e la visione etico sociale, il tradire viene notevolmente perseguito e sentenziato come una forma di ipocrisia e di incoerenza, una fiducia disattesa, un oltraggio alla salute delle persone e alla famiglia, una vigliaccheria verso un impegno ed un contratto; Il tradimento è la messa in scena di un’ auto determinismo e di un’ auto affermazione, si pone come il compromesso tra verità oscurate e sottaciute, da non richiedere il consenso di alcuno; il tradire rappresenta la più estrema forma di auto appartenenza a se stessi, il ritorno a se stessi in cui il soggetto afferma di essere proprio, è il luogo, all’ interno del quale, viene delineato il netto confine di identità tra un io, un tu ed un voi, tra il numero uno e il numero due.
Il tradimento rappresenta la necessità di voler andare oltre il proprio disagio irremovibile, di non voler soccombere all’insuperabile o all’inaccettabile, esso vorrebbe convivere o chiudere un capitolo e per aprire un altro con rinnovate probabili nuove potenzialità, dove, spera un rinnovamento, oltre agli automatismi. Il tradimento è un atto ed un bisogno di verità verso sé stessi.
Il tradimento è la rivendicazione di quel pezzo di vita mancante e sacrificata, l’ altra parte determinante e oscura di sé importante che si impone, che non appariva e c’era, buia e luminosa di se, un detonatore profondo di liberazione dal non senso e dell’assenza, la liberazione dai limiti e dai perimetri, l’illusione di non volere vincoli, il sogno di libertà di poter riprendere il passo nel mondo e di poterlo lasciare; è quel dire mai detto, il voler fare l’ ancora mai fatto, l’ idea che la vita è ancora altro, la vergogna ribaltata di voler continuare ad esistere, è la ribellione al senso unico, all’ uni direzionali ta, l’ imbarazzo preso a pugni, il pudore calpestato, è la spudoratezza contro ì dogmi, l’opposizione ai bui dei paraocchi e delle incomprensioni, è l’ evidenza dell’ opportunità di un altro modo differente di essere, oltre le maschere, è l’ avversione verso le critiche, è il moralismo sbeffeggiato, un fuori strada per cercare la strada. È il me ne frego al perbenismo.
Ogni volta che si cambia direzione o si volta pagina, si cambia uno schema, ci si lascia dietro una situazione, a vantaggio di un’enigmatica sorpresa, il nuovo tradisce sempre ciò che era, lo trasforma, lo modifica, lo supera, lo evolve o lo involve . Per ognuno di noi esiste sempre un divenire, una continua e irrefrenabile metamorfosi che supera e tradisce ciò che eravamo, non siamo mai quelli di prima o di sempre, ogni istante ci cambia e ci evolve, tradisce quello che eravamo. Tutti i cambiamenti che operiamo, sono un tradimento delle situazioni precedenti, crescendo o regredendo cambiano i nostri pensieri e sentimenti e le nostre azioni, cone l’ età, tradisce, ammala o rende saggia la nostra immagine.
Il tradimento è una condizione onnipresente della vita, è una consegna continua al cambiamento e alla verità, è un contrassegno di delusione, e di trasparenza, una dichiarazione d’errore, di guerra e dei consensi altrui, è il senza fronzoli, è la verità sbattuta in faccia, la centratura sul proprio baricentro, la ricerca del proprio asse, è il decidere di non far esistere sempre e soltanto il mondo, è la riappropriazione della centralità di se nell’ universo, la rinuncia al veto, al senso di colpa, al non senso e al vuoto, è la ricerca disperata di ritrovare un significato, l’ aderenza al proprio egoismo ed egocentrismo, il bisogno di non perdersi di vista e di sfuggire al dubbio e all’urlo della solitudine. Il tradimento è un tentativo di sbrogliare una intricata matassa, un compromesso con l’inaccettabile idea di lanciarsi giù dal balcone.
Il tradimento viene raffigurato come tale, prevalentemente da chi lo subisce, chi lo agisce, lo rappresenta come un trascinamento emotivo all’ interno di un’opportunità evolutiva emozionale. Il tradimento è la rappresentazione di un conflitto taciuto o mai ascoltato, del quale entrambi i soggetti sono alla pari esattamente responsabili. sono sempre entrambi a tradiscono, tradito e traditore sono complici ella stessa scena e dello stesso fenomeno, chiusi entrambi in una cecità condivisa. Il tradimento trova sempre impreparati, arriva spesso cone un fulmine a ciel sereno, si espande sul cielo della trascuratezza e dell’ indifferenza, ed accade esattamente sempre quando tutto apparentemente sembra andar bene.
Il tradire rappresenta la luce nel non veduto, il suono del non sentito e del non ascoltato, è la voce del non parlato, è la calligrafia del non redatto, è il percepito, tra il certo ed l’ incerto, fra le righe, esso non rappresenta solo la sorpresa, ma la spiegazione. Quando viene subito, è la morte, chi lo agisce, apprezza viene distratto dalla vita. Ad un potere così doloroso e malefico, si accompagna uno sacrale; demoni e santi convivono su un filo di demarcazione che impone un equilibrismo tra un demone che convive abbracciato ad un santo. Il tradire si frappone tra un sacro e un profano, è il trade union tra la vita e la morte.
Il tradimento reiterato o promiscuo, potrebbe rappresentare una risposta alla sedimentazione di uno stato depressivo profondo e cronicizzato, dove la sessualità rappresenta il sostituto generico di una terapia di antidepressivi. Molto spesso si assiste, dopo un trattamento di psicoterapia, alla scomparsa depressiva e di conseguenza alla modificazione della compulsione del tradire.
Il potere seduttivo del tradimento viene dato dalla sua potenza emozionale sensazionale, in opposizione alle sofferenze di una vita emozionale divenuta piatta . Il tradire è la raffigurazione di un malessere evidente, legato al bisogno drastico ed impossibile di svoltare che ha come scopo il benessere personale.
Per sua natura, se emerge, avrebbe la caratteristica di spettacolarità e di drammaticità; propone uno stravolgimento della progettualità ed un cambiamento di rotta che prospetta e preannuncia laghi di sofferenze.
Il tradire si pone sempre al confine tra slancio, entusiasmo e sofferenza, tra vitalità e lacerazione, essi sono i due poli , le due facce della stessa medaglia.
Il tradire riproduce l’ immagine di un cantiere, di una casa da risanare, una ristrutturazione che prevede demolizioni e stravolgimenti di strutture e tramezzi, divisori, nuovi confini e perimetri, schemi e stili di vita; avvia verso inversione di tendenze, di ri-progettualità, socialmente non condivise e inaccettabili, ma soggettivamente ricercate.
il tradire propone una lotta tra società, convinzioni, convenzioni, valori, dogmi ed individualità, si pone tra eticismo, populismo e bisogni soggettivi profondi. Soggettivamente rappresenta la difesa della propria salute mentale, secondo l’equazione, se non cambio, mi ammalo e soccombo, mi spengo o muoio.
Le normativizzazioni, hanno un carattere inibitorio rispetto al bisogno di emancipazione del singolo, si associano al timore di non poter essere compreso e condiviso, accompagnati dalla paura di destabilizzare il contesto; per questa accezione e per sua natura il tradimento rimane occulto e silente. Rimane potenzialmente nascosto e auto difeso attraverso la menzogna, quest’ ultima rimane quel confine protettivo e prezioso della propria segretezza.
Il tradimento entra in scena nel momento in cui esplode l’ingestibile, i bisogni si contrappongono, non conciliano perché non vengono più condivisi, restano inosservati e violati, la comunicazione diviene un dogma, il dialogo rimane criptato e il decorso insieme si rende avverso e nevrotico come in un governo all’ opposizione, intriso di sole condizioni e regole, di obblighi e comandi, di vergogne e di imbarazzi; il tradimento si pone come quel luogo del riscatto dal ruolo, rivendicando la propria dignità di scelta e della persona, le balbuzie comunicative, divengono il modo del parlare.
Il tradimento rappresenta l’urlo verso la liberazione, che brama una condivisione degli slanci, degli entusiasmi, della complicità , è la sfida lanciata contro il pensionamento della relazione pantofolata, che ha generato il fermo biologico verso l’ estraneità; esso reclama l’esplosione della spontaneità, della naturalezza e della semplicità intima e del desiderio. Tutto ciò che veniva negato viene percepito improvvisamente vivo e disponibile, la negazione, diviene affermazione ed opportunità. Il tradimento si impone come l’emancipazione rispetto ad una relazione cristallizzata, diviene il sogno di una relazione rinata e ritrovata.
Una relazione longeva nasce, cresce e si evolve sulla base di una relazione discreta e sull’assenza del possesso, del giudizio e del controllo, sulla capacità di saper accogliere, promuovere e rispettare le altrui e totali differenze, la relazione di intimità si fonda sul desiderio di voler comunicare in merito a tutto ciò che comunemente non si può dire, nella direzione dell’ indicibile, è il superamento dell’ introversione, contro la presunzione e la scontatezza di voler credere di sapere sempre tutto dell’ altro.
Il tradimento si affranca, discute si pone contro la scontatezza che sopravvive nella consuetudine routinaria della relazione, ridotta a regolamenti societari automatizzati, ad agenzia di servizi, dove i sentimenti vpassano su un secondo piano, vengono calpestati, ignorati e logorati all’ interno di una robotizzazione della relazione.
La relazione tradita è la sede nella quale fa’ da padrone una lista di dubbi e di rancori mai chiariti, tutto ciò che è rimasto taciuto e mai espresso e non curato. La sommatoria e la nomenclatura dei conflitti e dei cechi rancori mai risolti, risultano essere, già già di per se, dei tradimenti e rappresentano le loro basi, costruiscono la sede della loro memoria, sono i loro precursori, che fanno della relazione, una relazione organizzata, come in una azienda equivalente alla presenza di “colleghi” di famiglia.
Nella coppia, l’eutanasia dei sentimenti viene favorita dalla rigidità dei ruoli e dall’incapacità di mettersi in gioco ed in discussione, nel senso più stretto dell’ espressione. L’irrigidimento dei ruoli, si insidia ed incide negativamente sul pavimento dei sentimenti più di quanto si possa pensare. Ma chi lo decide se un ruolo è più o meno rigido o insidioso ?
Di sicuro, un osservatore specialistico esterno, può rappresentare lo strumento utile di voi tale osservazione, per l’eventuale recupero di un equilibrio di coppia.
L’apparente sicurezza di un soggetto, viene espressa dalle sue forme di opposizioni, rappresentarle, il più delle volte, come vere e proprie dittature, molto lontane dalle apparenti sicurezze, sono invece delle fragilità per il sol fatto di non mostrare alcun dubbio per la difficoltà di vedere conflitti.
Il senso del dolore dato dall’oppressione, rende indolore il tradimento, attenua, e alle volte esclude, ogni forma di timore e di senso di colpa; il tradire si pone come una forza immane, onnipotente e misteriosa, mai vista e considerata prima, dove il suo potere distruttivo non viene per nulla percepito, perché viene reso lucido dalle rabbie, per le aggressività, le violenze per i valichi subiti, il tradire rappresenta un urlo al diritto di esistere, che esclude ogni forma di scrupolo.
Attraverso il tradire su elabora e si impara un nuovo codice di sopravvivenza e di vita, quello della difesa e dell’ ombra, come una confort zone, una terra promessa, il territorio della salvezza e del riscatto, della resurrezione del se. Il comportamento del tradimento rappresenta tanta roba, non è solo una fuga, merita studio, assenza di giudizio e notevoli approfondimenti, esso è molto più di ciò che semplicemente appare, rappresenta un riscatto, è la propria area ecologica e protetta difesa dagli sguardi indiscreti , considerata salubre e salutare, dalla quale attingere le proprie esaurite energie; in realtà nel tradire, non si nascondono gli scheletri nell’ armadio, ma si evincono i propri margini di vita, rispetto ai margini della perdita del senso di se.
Il tradimento può diventare rieducativo, da riportare alla coppia, attraverso la consapevolezza che la vita non può essere recisa tra piaceri e doveri, ma la funzionalità di una relazione viene data dalla fusione di entrambi, senza che venga lasciato l’una a vantaggio dell’ altra. Piaceri, rispetto e doveri, devono restare fusi, coesistere insieme. Il tradimento deriva dalla loro frantumazione e scissione.
La rinuncia al piacere, alle complicità ludiche nella relazione, la rinuncia alle leggerezze e alle spontaneità della vita e la supremazia dei doveri, sono i segnali di un tradimento alle porte. Esso rappresenta il compromesso con l’ipocrisia. Tra verità e finzione, esso paradossalmente tiene insieme la coppia, si pone come una forma di patteggiamento. Per quanto il tradimento possa essere superficialmente giudicato come una forma di ambivalenza, rappresenta un anti sabotaggio della coppia e il suo anti dolorifico.
Tra il tacito e l’inammissibile, il tradimento è alla base di un conflitto intra psichico lacerante, da non poter trattenere a lungo termine il suo dolore e il controllo della situazione, da generare un processo graduale di cedimento psicofisico difficilmente a lungo sostenibile
.Ma perché il mondo è prevalentemente proteso contro il tradimento ? Ognuno aspira al diritto di un’unità relazionale autentica e senza fine. Si dimentica o non si considera che l’ unità di coppia per realizzarsi o per reggere, necessita di attenzioni a largo raggio sia al singolo che alla coppia. La coppia che assorbe il singolo, degenera. Tutti sono propensi verso l’ idea di una unità eterna, senza fine, ognuno aspira e la difende, ma la distrazione dai bisogni del singolo, rappresenta il suo declino. La coppia che si confonde e si identifica col solo noi, è a rischio elevato di tradimento, rispetto al mantenere in considerazione dell’ esistenza di un io e di un tu.
L’ ideale dei sentimenti devono cedere il passo e fare i conti con la realtà, quest’ultima è fatta di scoperte di diversità, di incomprensioni, di difficoltà tutte da esternare, da non buttare alle spalle. Considerare tutto ciò, è guardare in avanti, verso soluzioni e migliori stabilità.
L’ assioma fondamentale drl tradimento, è che esso non è mai fine a se stesso o a senso unico, ma è sempre partecipato, nella coppia ne hanno esattamente responsabilità entrambi e alla pari. Hanno inoltre entrambi un desiderio profondo e reciproco di liberazione dall’ inganno, ed è una dichiarazione di guerra e di chiarezza, è il bisogno d’ accensione dei motori dalla stasi.
Nel tradimento è inesorabile, la disperazione richiama sempre la passione, il dolore richiama il piacere, il desiderio. La vita senza la passione rappresenta il trionfo del Thanatos, della morte, il superamento della supremazia e della sottomissione al destino. L’Eros è un continuo lottatore del non senso e della fine, a vantaggio dell’ istinto di vita, rappresenta l’ esorcismo contro l’alienazione del mal di esistere. Il desiderio continuo di guardarsi attorno rappresenta lo spostamento verso la pulsione di vita. Il desiderio guarda la vita, la dove non non viene percepita.
Un altro aspetto sorprendente inconsciamente è che gli amanti rappresentano gli ammortizzatori dei conflitti della coppia tradita. Essi Rappresentano il rilancio, l’ energia e la cura per la stessa, sono i traghettatori, i salvatori, i benefattori della coppia.
La coppia tradita, su questa modalità non si separa mai, a maggior ragione se il tradimento viene realizzato tra persone, entrambe, in crisi di coppia. Tali relazioni extra, posseggono un potenziale di relazione a lungo termine. La situazione si fa altamente repellente e alle volte straziante, se l’ amante è single e se realizza di costituire il trade d’ union della coppia.
Se resistono ancora i sentimenti, il tradimento può servire paradossalmente da rilancio e da supporto, tale che può essere superato, se si decide di vedere attraverso quel dialogo inizialmente scomparso, può crearsi una riapertura alla relazione. Il tradimento, stravolge e cambia l’ esistente, gira tutte le carte in tavola. Chi si chiude alla verità, si chiude alla realtà, sospende la partita di una storia.
Tradire è andare oltre le prospettive depauperate, è traghettare oltre i propri limiti e confini, oltre la fatica di sentirsi idioti ed inutili, è il sapere che si può vivere meglio e si può vivere peggio per un tempo, è la lotta contro la stanchezza del dover rinunciare ai continui stimoli Vitali, è la vita che può continuare, è la speranza per una vita migliore, è il contrario del procrastinare e della rinuncia, è la voglia di non voler morire ancora.
Quando non c’è via di scampo da un reiterati conflitto di coppia, c’è la malattia, da una condizione mentale impossibile si va verso uno scarico di tensioni psicosomatiche; il tradimento, in tal senso, diviene un valore per la salute, rappresenta la fuga dalle tensioni che la coppia ha generato, e si pone come una fittizia soluzione, una coercizione ed un rilancio a modificare lo stile di vita. La relazione tradita può essere risanata, ripartendo dall’ impossibile al probabile, li dove altri finiscono il loro percorso, lo si può riprendere ancora più slanciati, nel caso in cui i sentimenti lo consentano.
Per altre accezioni, possiamo dire che la vita, di suo, ci tradisce di continuo, ne dispensa di continui, allor quando, ad esempio, cambia i nostri progetti e le nostre prospettive. Il suo naturale divenire, di per se, è un tradimento, perché ci stravolge i percorsi, ponendo noi e il nostro passato continuamente alle spalle, con un presente totalmente differente. La vita ci fa cambiare pensieri, idee, stili di vita, gesti, scelte, ci promette e ci toglie, ci consente di tradire una visione precedente a vantaggio di una successiva contraddittoria; la vita ci tradisce, in virtù delle nostre evoluzioni o involuzioni. Il tradimento è uno scambio di prospettive, un ricambio ed un riciclo di schemi continui, con queste mescolanze veniamo richiamati ripetutamente ad adattarci. Il tradire rappresenta il centro tra uno step by step. Ogni step successivo è sempre differente da quello precedente e ne rappresenta il suo superamento e tradimento.
Il tradimento se trattato in analisi, può non essere una tragedia, ma un’occasione di crescita, un richiamo ad una relazione nuova rinnovabile, non bugiarda ma virtuosa, un rilancio da un incontro che era fondato sull’ assenza e le manchevolezze, verso una relazione consapevole e trasparente, sincera, serena, emozionale e rinnovata nei sentimenti.
giorgio burdi
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Mi Faccio Una Canna
Mi Faccio Una Canna
La cannabis è una pianta conosciuta anche come marijuana o canapa. La sua sostanza attiva principale è il delta-9-tetraidrocannabinolo (THC), che ha effetti psicotropi sul cervello e sul sistema nervoso centrale. Sebbene la cannabis sia usata a scopo medico e ricreativo in molte parti del mondo, l’uso a lungo termine può causare una serie di effetti collaterali degenerativi sulla salute.
Effetti a breve termine:
L’uso di cannabis a breve termine può causare una serie di effetti collaterali, tra cui:
- Alterazione delle capacità cognitive: la cannabis può compromettere la memoria, l’attenzione e la capacità di risolvere problemi.
- Cambiamenti del comportamento: l’uso di cannabis può causare forte nichilismo, acuta auto svalutazione, abbattimento cronico dell’ autostima, psicoastenia con relativa forte spossatezza, debolezza psico fisica, cambiamenti dell’umore, riduzione della motivazione, aumento acuto delle paranoie, aumento della inadeguatezza e disadattamento relazionale, insorgenza degli attacchi di panico assenza della progettualità e diminuzione della capacità di coordinazione, isolamento sociale, socio patia; prevalentemente viene utilizzata per combattere le ansie, ma diviene la causa della sua insorgenza. In psicoterapia, le ansie rappresentano i sintomi più importanti per risalire alle loro cause. Le ansie vanno curate, non drogate. Drogare le ansie, inizialmente rilassa, immediatamente acuisce, degenera e rinforza il malessere.
- Effetti fisici: la cannabis può causare arrossamento degli occhi, aumento della frequenza cardiaca e della pressione sanguigna, secchezza delle fauci e vertigini.
Effetti a lungo termine:
L’uso prolungato di cannabis può causare una serie di effetti collaterali a lungo termine, tra cui:
- Problemi respiratori: fumare cannabis può irritare i polmoni e causare bronchiti croniche, tosse e produzione di espettorato. Ciò può aumentare il rischio di malattie polmonari croniche come la broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO).
- Problemi psicologici: l’uso di cannabis può aumentare il rischio di problemi psicologici come la schizofrenia, soprattutto nelle persone che hanno una predisposizione genetica alla malattia.
- Problemi cognitivi: l’uso a lungo termine di cannabis può compromettere la memoria a lungo termine, l’apprendimento e la capacità di pensare in modo chiaro e logico.
- Dipendenza: l’uso prolungato di cannabis può causare dipendenza psicologica e fisica. Quando una persona smette di usare cannabis dopo averne fatto uso regolare per un lungo periodo, possono insorgere sintomi di astinenza come irritabilità, ansia, insonnia e perdita di appetito.
- Impatto sulla fertilità: l’uso di cannabis può ridurre la fertilità sia negli uomini che nelle donne. Nelle donne, l’uso di cannabis può interferire con il ciclo mestruale e ridurre la produzione di ovuli. Negli uomini, può causare una riduzione della produzione di sperma e alterare la motilità degli spermatozoi.
Gli effetti collaterali della cannabis possono variare in base alla dose, alla frequenza e al modo di assunzione. Ad esempio, l’inalazione del fumo di cannabis può avere un impatto maggiore sui polmoni rispetto all’assunzione di cannabis tramite alimenti o bevande.
L’effetto della cannabis sulla salute mentale è stato oggetto di molte ricerche. L’uso regolare di cannabis può aumentare il rischio di disturbi psicologici come la depressione, l’ansia e la psicosi.
L’uso di cannabis durante la gravidanza può avere effetti negativi sullo sviluppo del feto. La cannabis può attraversare la placenta e raggiungere il feto, causando effetti sulla salute fisica e mentale del bambino. L’uso di cannabis durante l’allattamento può anche influire sulla salute del bambino, poiché il THC può essere presente nel latte materno.
L’uso di cannabis può influire anche sulla guida e sulla sicurezza stradale.
L’effetto psicotropo della cannabis può compromettere la capacità di guidare in modo sicuro, aumentando il rischio di incidenti stradali.
L’abuso di cannabis può portare a un aumento della tolleranza alla sostanza, rendendo necessaria una dose sempre maggiore per ottenere lo stesso effetto. L’astinenza dalla cannabis può causare sintomi come irritabilità, ansia, insonnia e perdita di appetito.
Sebbene ci siano usi medici della cannabis, come nel trattamento di alcune malattie come l’epilessia, è importante valutare i rischi e i benefici dell’uso della sostanza. Usata in poche condizioni in modo terapeutico, facilmente genera l’ alibi e la falsa illusione che essa potrebbe comunque sempre avere effetti terapeutici Le persone che desiderano utilizzare la cannabis per scopi medici dovrebbero consultare un medico per valutare i rischi e i benefici dell’uso della sostanza e valutare la possibilità di utilizzare altre opzioni terapeutiche.
Conclusioni:
L’uso di cannabis può causare una serie di effetti collaterali a breve e lungo termine sulla salute fisica e mentale. Sebbene la cannabis sia usata a scopo medico in alcune circostanze, l’uso ricreativo eccessivo può causare una serie di problemi di salute. Le persone che desiderano utilizzare la cannabis per scopi medici dovrebbero consultare un medico per valutare i rischi e i benefici dell’uso della sostanza e valutare la possibilità di utilizzare altre opzioni terapeutiche.
giorgio burdi
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