Chi è lo psicologo psicoterapeuta
LA PAROLA CHE CURA
Chi è lo psicologo psicoterapeuta
La cura con la parola, all’ interno di un percorso di psicoterapia, avviene attraverso un parlare obiettivo allo specchio tra se e un se analitico, un fluire coerente di parole, che irrompono la coltre di silenzi, già anticipati da preoccupazioni, sintomi e sofferenze, che bisbigliano la presenza di un sottosuolo ribollente.
Il dolore mentale rappresenta l’ urlo del silenzio, sono esperienze portate alla luce dal senso fastidioso del dolore.
Le sensazioni offerte sofferenze rappresentano un tipo di parole senza suono, energicamente più eloquenti delle parole in se, le sofferenze sono le responsabili del centro dell’ equilibrio, squilibrio di ognuno.
Non prestare attenzione alla sofferenza umana, significa svuotare l’ uomo dai suoi contenuti più profondi, sarebbe necessario mettersi attentamente in accolto di esse.
L’ esperienza diviene memoria, sensazione e poi pensiero, viene rappresentata dalla parola che se rievocata, rimanda a sua volta alla memoria, al pensiero e all’ esperienza, modificata questa volta dalle sensazioni di piacevolezza o spiacevolezza e rimemorizzata .
Dal silenzio della sofferenza alla parola chiarificatrice .Se leggi dentro, metti olio nel cervello, il silenzio è una piattaforma che affonda i suoi pilastri sul dolore, la parola è un trivella pronta a scavare fino alle risorse più profonde.
Il percorso analitico rappresenta un tentativo di decodifica delle sensazioni emotive legate ai pensieri e alle esperienze, inenarrabili del soggetto.
L’analisi è un percorso molto tortuoso che parte dalle sensazioni, ripercorre mentalmente l’ esperienza fino a giungere l’ evidenza attraverso la parola. La parola è l’ interprete mediato di tale processo, è lo skipper, la conduttrice della terapia .
Il logos, il verbo, la parola, è la rappresentazione del vissuto, della sua mentalizzazione , sia del pensiero che della sensazione del soggetto. La parola è la rappresentazione eccellente del movie e della fotografia dell’ esperienza del soggetto.
Mentre la foto e il movie vengono percepite su due dimensioni, la parola permette di dare accesso ad una terza dimensione, essa conduce all’ interno nel ricordo dell’esperienza: il soggetto si percepisce dentro al suo ricordo, come in una esperienza onirica, vive e si muove nel suo ricordo nel suo interno e si tira fuori.
A seguito, la stessa parola rievocatrice, permette l’ interazione, attraverso un feedback dinamico tra il soggetto e la sua immagine – movie, come se fosse in una quarta dimensione, in un incontro col proprio pensiero del terzo tipo.
Attraverso questo processo, la parola consente nella sua magnificenza, di interagire in una modalità plastica e dinamica con l’esperienza mentale, modellandola e modificandola.
Noi parliamo di continuo con i nostri interlocutori mentali, esprimiamo parole imprecazioni o compiacimenti e attraverso esse, emozioni, rabbie, ribellioni, affetti, rancori, comunichiamo disperazioni, problemi e proponiamo continue soluzioni.
L’interazione con gli interlocutori mentali è talmente così continua, che supera di gran lunga l’ interazione intersoggettiva reale.
I così detti monologhi mentali avvengono con una tale frequenza e rapidità, tali da ripercorrere fili logici e non, con una tale dinamicità, che modificano il nostro pensiero e l’ approccio con la realtà .
L’ esperienza del percorso analitico tramite la parola, attraverso la rappresentazione psicoterapica, è l’ espressione di una quinta dimensione, quella di MODIFICARE la percezione dell’ esperienza stessa.
L’ Interagire, attraverso la parola, col il trauma, è talmente modificante, che è in grado di condurlo, attraverso snodamenti, a condizioni lineari, prima catartici e liberatori dopo.
La parola è il tramite e il trait d’union, dal primo processo rievocativo dell’ esperienza, fino alla quinta dimensione modificativa della stessa.
giorgio burdi
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