IL VAGINISMO
quando il desiderio è un timore
Amarlo e tenerlo fuori dalla mia vita. Non mi faccio “toccare”, desidero, ma temo, resto contratta, mi faccio male.Se una donna arriva a parlare di vaginismo vuol dire che può intraprendere la strada verso la guarigione. Perché il primo problema di questa patologia è riuscire a darle un nome.
Spesso infatti le donne che soffrono di vaginismo rimandano istintivamente il più possibile l’incontro con la sessualità e, solo quando si scoprono “incapaci” e a volte addirittura, dopo il matrimonio, iniziano una lotta silenziosa con se stesse senza avere la minima idea di cosa stia accadendo.Questa lotta può durare anni se non viene razionalizzata e definita, con il risultato che l’animo femminile subisce una sorta di amputazione della felicità e le relazioni con i partner possono uscirne anch’esse distrutte.
Le cause del problema sono, abusi o tentativi, violazioni del limite ma innanzitutto un’educazione troppo rigida moralistico religiosistica, troppo normativa e fatta di retaggi culturali sulla figura femminile, eventi che fanno provare vergogna durante la fase infantile, scarsa sicurezza e poca conoscenza di sé.
Ma il filo rosso che lega tutti questi fattori è il dovere all’infelicità. La donna che soffre di vaginismo apprende sin da piccola che, per qualche motivo generalmente innato all’interno della famiglia, non ha il diritto di godere e di provare piacere.
Si tratta di un vero e proprio tarparsi le ali, di una rinuncia ad abbracciare la vita in tutti i suoi aspetti compresa la sessualità.
Le manifestazioni fisiche sono il dolore durante i rapporti e la paura della penetrazione.Ma l’aspetto più devastante è il senso di incapacità e di inadeguatezza per i quali si dà la colpa solo a se stesse.
Le donne che hanno questo problema sono spesso molto sole nell’affrontarlo, si vergognano di parlarne persino con le amiche, si sentono perse in un mare di dubbi per i quali difficilmente trovano risposte.
Non effettuano visite ginecologiche arrivando ad accettare dei rischi per la propria salute pur di non sottoporsi a quello che per loro è una tortura.
La nostra società è ancora poco preparata a riconoscere questo tipo di problematica. Si parla di più di impotenza maschile, ma non di vaginismo.
Perché la donna “che non funziona” sembra ancora inaccettabile, il suo disagio apparentemente non ha nessuna manifestazione, non è così apparente come nell’ uomo.
Così come il corpo femminile cela i suoi organi genitali, il vaginismo richiude tutto al suo interno e si annida nell’animo di chi ne soffre, non aiutando la donna ad esternare quello che sente.
Il vaginismo è un calvario che con gli anni diventa sempre più faticoso e toglie energie alla vita.
La bella notizia è che si può guarire. Il primo passo è riconoscere di avere un problema e chiedere aiuto ad uno specialista.I sessuologi e gli psicoterapeuti sanno indicare il percorso più adatto ad ogni donna, in alcuni casi è richiesta anche la collaborazione del partner che può aiutare moltissimo.
Una volta escluse patologie di natura fisica si può intraprendere il sentiero verso la guarigione.È un sentiero tortuoso e non sempre facile ma vale la pena affrontarlo.
Si impara ad ascoltare, a conoscere e soprattutto ad amare il proprio corpo in tutti i suoi aspetti.
Si spezzano le catene che hanno bloccato la mente e l’anima, si impara che ognuno di noi ha il diritto di essere felice e di provare piacere, e che la sessualità è il completamento naturale degli aspetti più belli della vita.
Il percorso terapeutico può prevedere una parte pratica di esercizi da provare a casa sul controllo dei muscoli genitali ma soprattutto la psicoterapia aiuta a guarire le proprie ferite più intime.
La profondità del problema varia da donna a donna e richiede tempi diversi, ma la consapevolezza che si tratta di una patologia (il più delle volte psicosomatica) è già un gran sollievo: sapere di non essere “incapace per nascita” aiuta la paziente a indirizzarsi verso la guarigione.
Quando si raggiunge l’obiettivo di una vita sessuale sana e felice tutti gli aspetti della vita ne beneficiano e si innesca un circolo virtuoso di benessere.
Le donne devono lottare per guarire dal vaginismo, rivendicando il proprio diritto ad essere se stesse, devono prendere consapevolezza che il loro diritto alla felicità è importante quanto il diritto alla salute.
E scopriranno che non sono così sole e che non c’è niente di cui vergognarsi. Anche in età adulta si può imparare a godere della vita, non è mai troppo tardi, basta volerlo.
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Storia di Laura, lettera alla mamma.
Cara mamma, grazie al percorso psicoterapeutico che porto avanti da più di un anno ormai sono giunta alla comprensione profinda del mio problema.
Un problema maledetto che mi costringe a 35 anni e mezzo a non avere un rapporto sessuale completo. Ti sembra giusto mamma? Le mie amiche si divertono, hanno una vita sessuale soddisfacente, ne parlano con scioltezza e felicità.
Molte volte incontro per strada ex compagne di scuola mentre spingono i passeggini con il frutto della loro femminilità. Bene, io non posso concepire, lo sai? A me non è concesso. Il dolore e il fastidio me lo rendono impossibile. Mamma, sai come mi fa sentire questo? Avvilita, mortificata, umiliata, disabile, incapace di tenere stretto a me un uomo anche se mi piace tanto.
Cara mamma, sei riuscita a ottenere quello che volevi. Le tue paure non si sono verificate. Avevi il terrore che qualcuno abusasse di me come è successo a te, per questo non appena ho cominciato il mio percorso di scolarizzazione non facevi altro che ripetermi che non dovevo farmi toccare da nessuno, nessuno fatta eccezione di te per inevitabili esigenze igieniche.
Ebbene, nessuno mi ha toccato mamma e nessuno può farlo, nessuno può penetrarmi, sono impenetrabile.
Ti ringrazio per avermi protetta, l’hai fatto solo per il mio bene, non volevi che subissi le violenze che hai subito tu ma, cara mamma, avresti dovuto fare un grande regalo a te stessa.
Avresti dovuto affrontare ed elaborare i tuoi traumi in un contesto adatto, aiutata da un esperto, in questo modo avresti fatto a me il regalo più bello che una madre possa fare a una figlia: sbocciare, diventare una donna, procreare a sua volta.
Non mi hai fatta crescere, mi hai fatto rimanere la tua bambina, una bambina che ha disperato bisogno di affetto ma non può avere rapporti sessuali, ai bambini questo non è assolutamente concesso.
Come se non bastasse mamma, fin da piccola tu e papà mi avete inculcato che i rapporti sessuali sono peccaminosi se non consumati nell’ambito matrimoniale. Il sesso tra fidanzati, il sesso che non prevede il rapporto genitale standard è un grave peccato.
Sono cresciuta sentendoti dire spesso: “che schifo” quando qualcuno raccontava un esperienza intima fuori dai tuoi standard, ai tuoi continui cambi di canale durante banalissime scene d’amore in tv.
Cara mamma, mi chiedi se non si può risolvere questo disagio. Disturbo mentale mamma, non problema, chiamalo col suo nome.
Pensa che il mio problema, il vaginismo, merita una sezione nella classe delle disfunzioni sessuali all’interno del manuale dei disturbi mentali DSM.
Sai quali sono i fattori scatenanti? L ‘aver subito abusi sessuali è il fattore primario seguito da fattori culturali e religiosi ad esempio per sole inibizioni correlate a divieti riguardanti l’attività sessuale e il piacere, in un imprinting avvenuta in tenera età , povera innocente.
Siete stati dei bravi genitori tu e papà, mi avete amata, protetta, non mi avete fatto mancare niente fatta eccezione di una cosa: la semplicità e un contesto laico, neutro nel quale si fa educazione e non terrorismo sessuale, si insegna ai figli che i rapporti sessuali sono naturali come è naturale avere un corpo, fondamentali nella vita di ogni essere umano, fidandosi della loro responsabilità.
Le vostre continue penetrezioni metaforiche violente e intrusive sotto forma di divieti e rigidi insegnamenti mi hanno fatto chiudere sempre di più la mia mente e di conseguenza il mio corpo, rendendolo impenetrabile.
Mamma ognuno ha diritto ad avere una vita sessuale soddisfacente, a fare sesso con chi lo desidera, come vuole, basta prendere le giuste precauzioni per evitare incidenti o problemi spiacevoli.
È così semplice mamma. Ho imparato dai tuoi errori. Ho capito che merito, anch’io merito di scoprire la mia femminilità, di diventare una vera donna. Questo devo impegnarmi a farlo adesso, quanto tempo ti ho ipotecato e sprecato.
Devo affrontare la mia paura più grande, devo combattere contro la paura, il dolore, il fastidio, l’ansia, la sensazione di svenimento.
Voglio sbocciare e sarà doloroso farlo. Ma tu, le tue proiezioni, i tuoi dogmi insensati e non mi influenzerete più.
Ti amo con tutto il mio cuore mamma, ma ora è arrivato il momento di crescere. Non sono più la tua bambina
Conclusioni
La coscienza morale fa da barriera come un muro impenetrabile, è il contrattivo muscolare che agevola il rifiuto e la repulsione, si avverte la sensazione che oltrepassare tale barriera si forerebbe la matrice della purezza con forti sensazioni di reato, di peccato, di impurità immonda, ‘perdita’ della santità , l impenetrabilità è un non entrare nella vita, diventerebbe ‘ invasione nella legge , nella parola sacra. Risiede qui l’importanza simbolica attribuita alla penetrazione, invalidare la “legge morale e rifiutare l’ invasore.
A volte risulta impossibile dissacrare convinzioni pseudoreligiose che obbligano alla negazione della sessualità.
Il problema non è la vagina o la psicologia, ma la morale e l intrusione.
Questo è l’ultimo step che devo affrontare poi diventerò una farfalla a tutti gli effetti e potrò volare
Il vaginismo è il blocco di un bruco che resta tale . Ha le ali , da tenerle piegate e fanno male nel dispiegale, ma il volo resta possibile solo attraverso una psicoterapia.
guorgio burdi
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